venerdì 13 febbraio 2015

Le note di Pechino




Pechino canta. Non posso dire che sia una città rumorosa. I clacson sono miti, nessuna sirena a urtare le orecchie, niente urla sgangherate. Il silenzio è sempre riempito da musica. Le strade sono inondate di note. Ogni negozio o ristorante si sente in dovere (o in diritto?) di immettere in strada suoni a suo gusto. Così, camminando si passa da un ritmo all'altro senza pause, le musiche si mischiano, qualche volta perfino si fondono. Ci sono botteghe che, forse per non perdere la faccia o lo spazio, hanno una specie di fotoelettrica per la quale appena il passante entra nel suo spazio si attiva la musica, talvolta un annuncio pubblicitario. 
Anche nei parchi spesso ci sono altoparlanti che diffondono musica. A distanza di circa 20 metri l'uno dall'altro. 


Altra peculiarità di Pechino è la generale pulizia. Ovunque ci sono uomini e donne che a bordo di trabiccoli a motore eliminano ogni minuscolo pezzetto di carta con appositi bracci meccanici con pinzetta o spillo finali. Raccolgono o infilzano. 
La città è sempre sveglia. A qualunque ora ci sono negozi, bar, ristoranti aperti, alcuni stanno per chiudere, nello stesso tempo altri stanno per aprire. Si mangia sempre, colazione, cena, pranzo non sembra esserci una differenza nei menù. E anche gli orari sono a flusso ininterrotto. Lo street food viene prodotto a getto continuo. Questo soprattutto nella città vecchia, dove la proporzione tra negozi e ristoranti è nove a uno per i ristoranti. Nei quartieri dei grattacieli e i negozi si prendono la rivincita e le bancarelle di cibo con i loro fornelletto striminziscono". Camminare in città non dà mai senso di pericolo. Nessuno è aggressivo, nei vicoli come nelle grandi arterie si va accompagnati dai fatti propri e basta. 
L'inquinamento ambientale qui è terribile. Onestamente, più perché lo si sa che perché si sente. Sono pochi quelli che girano con la mascherina, ma secondo i dati la qualità dell'aria é impossibile. I nostri otto giorni sono stati illuminati dal sole, più o meno sempre, e l'aria non sembrava cattiva. Però la situazione di solito è più offuscata. Così, il governo ha deciso di introdurre limiti alla circolazione e ogni giorno ci sono due numeri finali di targa che non possono uscire. Molti usano i pronipoti delle biciclette, che pure resistono su piazza: biciclette ma con un motore piccolo, penso elettrico, e silenziosissimo. Così che se non fosse per lo scampanellare furioso, ti arrivano alle spalle come in un agguato. Contro il freddo in motorino, proprio scooter non li chiamerei, sono più una scopiazzatura del vecchio 'Ciao' Piaggio, qui c'è una versione pechinese delle copertine. È un manicotto fatto a T: l'asta orizzontale copre il manubrio e per guidare ci si infilano le mani dentro mentre la parte verticale copre (più o meno) le gambe. 
I taxi sono innumerevoli e super professionali. Intanto non credo che possano avere la licenza se parlano una sola parola di inglese. Però nessuno di loro si sognerebbe mai di partire senza attivare il meter. Costano poco. Per attraversare la città bastano una decina di euro, per l'aeroporto dal centro antico poco più. Considerando che in questo momento ragionare in euro non é una idea vincente. 
E che dire dei cani? Strade riempite dai famosi pechinesi? Assolutamente no. La caninità è incarnata qui da una specie di mini barboncino, di quel marrone riccioluto un po lucido sintetico dei peluche. Insomma un pupazzo vivente. Non c'è solo questa razza, naturalmente, ma va per la maggiore. 
I pechinesi intesi come abitanti hanno un grande amore per i loro cuccioli. Se ne vedono parecchi in giro. La cosa peculiare è che nei giorni più freddi tutti questi cani, abbondamentemente provvisti di pelo folto, vengono vestiti e addobbati come umani. Ci sono cani in jeans, cani in pelliccia (superflua, no?), cani in t-shirt o con il collo alto. Insomma, cineserie canine... 


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