martedì 13 ottobre 2015

Cartolina dal Togo

Questa volta non sono io a raccontare, ma voglio ospitare la storia che mi ha mandato Chiara da Amakpapè. Tre happy end, tre gocce nel mare, ma pur sempre segnali che le cose succedono. Certo, le foto di questi bambini sono un po' forti, ma insomma anche questa è l'Africa. 




Ecco cosa scrive Chiara. 
Qui ad Amakpapé va tutto bene: l’inizio del nuovo anno scolastico ha portato sui nostri banchi tanti volti nuovi. Adesso il complesso scolare Cuori Grandi conta 5 classi, dalla materna alla quarta elementare, e più di 220 alunni.
La costruzione della Chiesa procede, nonostante i problemi di una stagione delle piogge arrivata fuori stagione e della mancanza di materiale (tek e cemento) che ogni tanto ci costringe a fermare il cantiere. In questo periodo stiamo colando le travi del tetto in corrispondenza delle navate (abbiamo già finito di colare le travi in corrispondenza dell'altare). Stiamo anche scegliendo le immagini per le vetrate (ne avremo 27, contando anche il rosone).
Ma l'evento più straordinario del mese di settembre è stato l'arrivo di un’equipe di chirurghi europei in Togo, nel villaggio di Bombouaka, per una campagna nazionale di chirurgia ortopedica e traumatologica. In cambio di un contributo economico minimo, adulti e bambini affetti dalle patologie ortopediche più varie hanno avuto la possibilità di essere visitati e operati da un team di specialisti del settore.
Certo, il viaggio è stato lungo e spossante: parliamo di 500 km macinati su un taxi stracarico e un po’ acciaccato, in puro stile togolese (qui le macchine a 5 posti portano normalmente 9 persone, più una o due capre e un numero variabile di galline). Ci sono volute 15 ore per arrivare da Amakpapé a Bombouaka, e poi i nostri pazienti hanno dovuto cercarsi un alloggio, orientarsi in un villaggio in cui nessuno parlava la loro lingua, affrontare le attese interminabili per la visita preoperatoria… Centinaia di adulti e bambini erano arrivati da tutto il Togo per la campagna, e i chirurghi sono stati costretti a una selezione spietata (ne avrebbero operati solo 5 al giorno, per un totale di 35).
Per fortuna, però, i tre pazienti “sponsorizzati” da noi sono stati accettati tutti, e mentre scrivo sono già in fase di recupero e riabilitazione post-operatoria.
 

Bella, 15 anni, era seduta quando l’ho incontrata per la prima volta in luglio. Sembrava una ragazzina in buona salute, allegra e sorridente come tante altre. Una lunga gonna variopinta la copriva fino a metà polpaccio. Quando l’ho invitata ad accomodarsi in infermeria, però, si è alzata a fatica, e ha percorso con lentezza esasperante i pochi metri che la separavano dalla mia scrivania. Due anni prima, una malattia improvvisa e mai diagnosticata le aveva deformato entrambe le ginocchia in valgismo accentuato (“a X”) rendendole quasi impossibile camminare. Prima di rivolgersi a noi, non aveva mai cercato aiuto sanitario da nessuna parte: con il fatalismo tipicamente africano, i suoi genitori avevano semplicemente aspettato che il problema si risolvesse da solo; invece le ginocchia di Bella non avevano fatto altro che peggiorare. Prima tappa: un consulto col chirurgo italiano della telemedicina e una visita dal pediatra a Lomé. Purtroppo le notizie per Bella non sono incoraggianti: l’intervento si prospetta costosissimo, rischioso e complicato. Gli ortopedici, sia quello italiano della telemedicina sia quello togolese, chiedono di eseguire uno studio radiografico delle ginocchia, ma la radiologia di Tokoin al momento è fuori uso. Siamo costretti a mettere temporaneamente “in stand-by” il caso di Bella, in attesa di poter eseguire le radiografie e di trovare da qualche parte i fondi necessari a pagare l’operazione. (La chirurgia ortopedica in Togo ha costi proibitivi, di gran lunga più alti di qualsiasi altro tipo di chirurgia.)
 
Assossimba, 8 anni, dal punto di vista medico aveva esattamente lo stesso problema di Bella, con la differenza però che non sorrideva e non stava seduta tranquilla, ma rannicchiata a terra, tutta rattrappita su se stessa. Quando mi avvicinai per esaminarla, i suoi grandi occhi bruni si riempirono di lacrime. La madre mi spiegò che le sue ginocchia si erano ammalate da circa due mesi, e da allora Assossimba aveva smesso di andare a scuola, un po’ perché camminare le costava troppa fatica e un po’ a causa delle feroci prese in giro delle compagne di classe.  Anche a lei abbiamo detto di aspettare, l’avremmo contattata non appena la radiologia di Tokoin avesse ripreso a funzionare, ma trovare soldi sufficienti per due operazioni ortopediche bilaterali si preannunciava un compito arduo.


 
Laurent, 1 anno, a giugno si era ustionato la gamba destra ed entrambi i piedini: mentre muoveva i suoi primi passi incerti, aveva avuto la sfortuna di trovare sul proprio percorso un pentolone di acqua bollente. I genitori lo avevano portato subito all’ospedale di Notsé, dove era rimasto ricoverato per qualche giorno, ma dopo la dimissione – invece di accompagnarlo regolarmente in infermeria per le medicazioni – lo avevano tenuto a casa, senza che nessuno si occupasse in alcun modo delle sue ferite. Trascorsi due mesi abbondanti, vedendo che le condizioni del piccolo non accennavano a migliorare, la madre si era rivolta di nuovo a noi. A quel punto, però, il piccolo Laurent era ridotto troppo male per essere gestito a livello ambulatoriale: la gamba era guarita, ma entrambi i piedi erano ancora coperti di piaghe infette e ormai necrotiche e, quel che è peggio, le dita delicate si erano “incollate” l’una all’altra e alla pianta del piede, cicatrizzandosi in posizione contratta. Somigliavano più a zampe di animale che a piedi umani. Sia il chirurgo di Notsé sia il chirurgo italiano consultato tramite telemedicina avevano dichiarato che, senza un’operazione ortopedica eseguita al più presto possibile, i nervi, i vasi sanguigni e le articolazioni si sarebbero “consolidati” in posizione deformata, lasciando Laurent disabile a vita: il bambino non avrebbe mai più camminato. Il problema era che nessun ospedale togolese era attrezzato per questo genere d’intervento, e per di più i genitori non volevano che Laurent fosse operato, sostenevano che preferivano “lasciarlo guarire da solo”.
 
Come puoi immaginare, il lieto fine di queste tre storie non era per niente scontato. Ma grazie alla campagna di chirurgia ortopedica di Bombouaka, Bella, Assossimba e Laurent hanno avuto una possibilità. Sì, anche Laurent, la cui mamma si è lasciata convincere all’ultimo momento (è partita da Amakpapé col suo bimbo la domenica mattina, quando mancavano meno di 24 ore all’inizio delle selezioni preoperatorie: Bella e Assossimba erano già arrivate a Bombouaka la sera prima).
Totale delle spese sostenute nel mese di settembre per i pazienti evacuati a Bombouaka: 51000 franchi (circa 77,86 euro) per Bella; 30000 franchi (circa 45,80 euro) per Assossimba; 45000 (circa 68,70 euro) per Laurent. Queste cifre includono il costo del viaggio e delle radiografie, ma non il contributo per l’intervento e per il ricovero, che prevediamo di pagare nel corso dei prossimi mesi (i nostri 3 pazienti operati rimarranno ricoverati almeno fino a novembre-dicembre).



lunedì 5 ottobre 2015

Crosby, Stills & Nash


“Sono contentissima! Stasera vado a vedere il concerto di Crosby, Stills&Nash”. 
“Chi sono?”. 
Stramazzo al suolo. Il mio interlocutore poco più che ventenne, universitario, musicalmente colto e curioso, ignora un pezzo di storia. Perché loro non sono solo canzonette. Sono colonna sonora di vita 


 Sono un'epoca, atmosfera, amori, amici, Marlboro rosse senza demoni, notti tessute di chiacchiere e vino. 
Poi ho saputo che nemmeno i figli e coetanei vari dei miei amici hanno passato il test. Tant'è. 
Per me però il concerto è stato bagno di forza e allegria. L'Auditorium, avevo pensato, forse avrebbe raffreddato. Niente affatto. Certo, al posto degli accendini a segnare l'emozione, ci sono ormai schermi di più misure. Entrano in fila, hanno tre tappeti a incoronarli. Non si risparmiano. E cantare a squarciagola quelle canzoni è felicità pura. 



E loro tre hanno i capelli lunghi di Woodstock, solo bianchi. Nash azzarda perfino piedi nudi sul palco. Very hippy. Come si conviene. Però, chiudi gli occhi e le voci sono le stesse. Potenza, energia, un mondo che risorge di prepotenza. Le dita volano sulle chitarre, le cambiano come abiti di scena. Le gambe forse un po' meno. Ma poco. 
“We can change the world”, ci promettevamo. E forse un po' l'abbiamo pure fatto. “Alcune canzoni diventano più vere con il tempo”, commenta Crosby a fine note. Mi piace pensare che siamo d'accordo.