domenica 15 novembre 2015

Venerdì 13 novembre, piazza Caprera, Roma




Improvvisamente una sera a piazza Caprera. Un gruppo africano, musica, canti, un minuscolo melting pot. Era venerdì 13 novembre. Negli stessi minuti dei massacri di Parigi, anche io ero ad assistere ad un piccolo concerto, in un minuscolo locale della piazzetta sotto casa. Una birra o due, e questa avvolgente band con la sua musica ritmata e allegra. Si chiama Tribal trio con ironia e orgoglio.  C'è lo xilofono, costruito con una base di zucche. Nel volantino però figurano percussioni. Anche il basso (o come diavolo vogliamo definire quello strumento, nella locandina individuo kora) ha la cassa ricavata da uno zuccone. Inteso come enorme zucca. 



Loro se ne fregano degli strumenti che qui appaiono singolari, perfino abborracciati, siamo sinceri. Sbagliato: sono tappeti volanti per trascinare in Africa e raccontare storie e culture. Naturale, non si capisce una parola delle canzoni, facile che i testi siano scemi come quelli di ogni lingua, ma l'atmosfera prende per mano e fa star bene. 


Come ogni spettacolo che si conviene a un certo punto ecco la diva, una ragazza non ragazzina, che prova a misurarsi da solista, dopo un po' di gavetta come vocalist con Fiorella Mannoia, Loredana Bertè, Luigi Cinque. Viene dal Senegal, si chiama Maam Jarra Guye. Qualcosetta si trova già cercando in rete. 
La serata trascina, c'è gente che balla, tutti ridono, scherzano, si godono l'atmosfera. 
Gela pensare che un po' più su nella stessa Europa, altri come noi passavano una serata così e sono morti. Ogni sorriso annichilisce. Derubati di libertà e confidenza. Ci si sente quasi colpevoli di averla scampata. Lasciamo perdere le ovvietà, sono state dette tutte e non mi unisco. Ma io passerò ancora serate così. Con o senza paura. 
 



Nessun commento:

Posta un commento