martedì 25 ottobre 2016

La Festa dei poveri di Santa Prisca




La giornata strepitosa, una ottobrata romana con tutti i sentimenti. Il chiostro di Santa Prisca l'ho già presentato in varie occasioni e stampato sul cielo blu faceva proprio un bell'effetto. Stavolta l'appuntamento era per offrire il pranzo a chi un pasto se lo può permettere difficilmente e spesso in via fortunosa. Italiani poveri, migranti da ogni dove, uomini e donne, giovani e anziani. Homeless con il loro bagaglio ancorato sulla schiena o trascinato su ruote barcollanti. Ma anche persone con lo sguardo timido e vago dell'imbarazzo oppure reso quasi provocatorio da una irriverente autoironia della condizione. Sono a occhio più uomini che donne, i primi di tutte le età, le seconde mediamente oltre i cinquanta. Oltre un centinaio, tra una fila e un ritardo, per la Festa dei poveri, il primo sabato dei sette programmati (12 e 16 novembre, 17 dicembre, 21 gennaio, 18 febbraio, 11 marzo, 1 aprile) per un piccolo ristoro lungo tutto l'inverno, organizzato con lunga tradizione dalla parrocchia di Santa Prisca. 


Insomma, domenica 23 ottobre sono andata anche io a dare una mano. Sono arrivata verso le 10 e c'erano tavole e sedie da montare e spazzolare perché vivono in un gabbiotto chiuso in teoria, ma che lascia spazio alle intemperie. Il numero degli ospiti a pranzo può variare da cento a duecento, quindi, meglio prevenire la possibilità che qualcuno resti in piedi e abbondare con i posti a tavola. “Mai nessuno se ne è andato da qui senza aver avuto qualcosa da mangiare”, specifica don Antonio Lombardi, pietra angolare della parrocchia e prossimo al 60^ anno di sacerdozio. 
Secondo step è vestire i tavoli: tovaglie di carta, posate e bicchieri di plastica in confezioni chiuse. I volontari, in quanto tali, lavorano di buona lena e in cooperazione. Uno stende la tovaglia, l'altro la taglia a misura e la rimbocca in modo che il vento non se la porti. Uno pulisce le sedie, l'altro le dispone intorno ai tavoli. Il clima è sorridente e socievole. In un angolo si cucina. Vietato fotografare, per ragioni imperscrutabili. Ma mi attengo. I pentoloni, comunque, sono pieni di penne al sugo e a seguire le teglie di polpettone e verdure miste dall'aspetto fin troppo sano per i miei gusti. Maiale non se ne serve, per via del rispetto islamico, e molti tra gli ospiti lo chiederanno con attenzione. 
Prima delle 12, quando si aprono le porte del chiostro e comincia la fila spicciolata dei commensali, gli organizzatori e i veterani istruiscono le reclute. 


L'organizzazione è rodata e i volontari si dividono tra rigoristi e scialli. I primi non vorrebbero una deroga nemmeno a costo di peggiorare la qualità del servizio, gli altri abbondano in eccezioni e creatività. Inutile dire a chi mi sono spiritualmente unita io... Comunque, mi rendo conto che senza un po' di regole il caos regnerebbe sovrano. In sintesi, però, direi che ciascuno porta le sue braccia e il suo spirito. Ci sono un paio di maestri di cerimonia, che assegnano i tavoli ai volontari in modo che ciascuno abbia una sua zona di responsabilità. Anche perché gli ospiti hanno un po' la sindrome da accaparramento, sebbene, nella maggior parte dei casi, trasparente  e scherzosa. Per questo, ho scoperto, le bottiglie delle bibite vanno messe sui tavoli senza il tappo, altrimenti finiscono con un unico fluido movimento negli zaini più vicini. Quando la Festa comincia, i primi entrano a passo svelto e localizzano con esperienza i posti migliori, all'ombra e non troppo lontani -ma nemmeno a ridosso- del buffet. Si creano gruppi omogenei per lingua o per età o sesso. A me, che viaggiavo in tandem con la mia amica Letizia, è capitato un tavolo di uomini dell'est abbastanza allegri, un tavolo di mugugnatori e un tavolo 'misto'. Funziona che i volontari si mettono in fila davanti al buffet portando i vassoi con i piatti. Arrivati ai pentoloni, i piatti vengono riempiti e si portano ai tavoli. Gli ospiti sono molto contenti di collaborare e prendono i piatti passandoli l'un l'altro con grande cortesia e allegria. Qualcuno magari, in modo sottile mente surreale, critica la qualità del cibo (pasta scotta, manca sale, posso avere dell'olio extra), molti non rifiutano il bis, ma non pochi invece evitano lo strafogo e bilanciano secondo gusto: meno carne più verdure o viceversa, solo proteine o meglio carboidrati. 
Tra i volontari e i commensali quasi sempre si scherza. C'è stato un uomo di mezza età, che facendo una garbata corte a una volontaria e le ha chiesto di che segno fosse. “Toro”, ha risposto lei. Al piatto successivo, lui sorridendo: “sono sempre andato d'accordo con le donne Toro...”. Insomma, c'è anche da farsi una risata. 
A fine pranzo, c'è stato chi è venuto a chiedere gli avanzi. Alcuni addirittura con i loro bravi contenitori di plastica. Nessuno ha preteso spropositi, nessuno ha sgomitato per avere di più, zero insistenza. Andando via, la maggior parte ha salutato e ringraziato. Alla porta, ciascuno ha trovato un dolce, una frutta e il caffè. Si servono sull'uscio per incentivare l'esodo. Congedato l'ultimo ospite, si ripete la trafila allo verso: sparecchiare, impilare le sedie, smontare i tavoli. 
La prossima volta, dice chi ha esperienza, verranno più persone, il passaparola si mette in moto e il freddo fa il resto. 




martedì 4 ottobre 2016

Quirinale story

U



Full immersion quirinalizia, lunedì 26 settembre. Scrivo solo ora solo parzialmente per pigrizia, per il resto  molte cose si sono accavallate e hanno ritardato il procedimento. Per forza di età e provenienza culturale, già un po' masticavo, ma ora so (quasi) tutto sulla storia dei presidenti, le loro personalità, pregi e difetti, innovazioni e resistenze di ogni mandato. Il seminario all'Archivio storico della Presidenza della Repubblica, mi ha permesso di mettere il naso e posare gli occhi su una parte del primo Palazzo italiano che non avevo mai visto, palazzo Sant'Andrea, proprio di fronte all'ingresso Giardini del Quirinale e accanto al piccolo parco che ospita la statua di Carlo Alberto a cavallo qualche albero e verdura varia.


 L'archivio cova, come ci si può immaginare senza proprio sforzarsi, foto d'epoca e documenti preziosi, tutti in avanzata via di digitalizzazione come ci ha raccontato Marina Giannetto, sovrintendente dell'Archivio storico della Presidenza della Repubblica. L'Archivio storico, ci racconta, nasce nel 1996 e viene costantemente aggiornato. Qui c'è la storia della Presidenza della Repubblica, dai documenti del segretariato generale a quelli dell'ufficio stampa al cerimoniale, ovvero l'agenda italiana ed estera del Capo dello Stato da Einaudi a oggi. Si possono visualizzare le giornate dei vari presidenti e tutti i documenti collegati, ricavandone informazioni (e pettegolezzi) non banali in forma di diario che da cronaca si fa storia, dal 1870, e corredato da 900mila immagini digitali e tradizionali ora in corso di digitalizzazione. Il tutto occupa ben 8 km di scaffali. Niente male per 11 Presidenti della Repubblica, ognuno dei quali con la sua personalità, il suo bagaglio di vita e il contesto, ha impresso il segno nel Paese e lo stile al Palazzo. 


Di questo ci ha raccontato Guido Melis, ordinario di storia delle istituzioni politiche e di storia dell'amministrazione pubblica alla Sapienza. Che ha fatto notare come, sebbene in Costituzione ci siano 9 articoli dedicati specificamente al Presidente della Repubblica, le sue prerogative poi sono sparse in altri punti e la discrezionalità si fa piuttosto ampia. Così, parlando in generale, è chiaro che il ruolo del Capo dello Stato si fa più incisivo e visibile in periodi di crisi, quando i partiti sono indeboliti e con la reputazione stanca. Conta anche il carattere, come è ovvio. Così, faccio un esempio, Saragat cominciò a indicare in quale ambito i presidenti del coniglio incaricati dovessero cercare la loro maggioranza, Pertini usò la comunicazione in modo anomalo, utilizzò moltissimo i messaggi alle Camere e prese l'abitudine di mettere voce sulla lista dei ministri, attingendo al potere di veto fino ad allora inutilizzato. Da Scalfaro in poi, il Presidenre  della Repubblica aumenta di incidenza politica e visibilità. La fase notarile sbiadisce in favore di una presenza più attiva anche nelle questioni che incidono sulla vita dei cittadini, così come aumenta il lavoro dietro le quinte che fanno i presidenti e i loro segretari generali, vere e proprie eminenze grigie della storia repubblicana con il loro fittissimo reticolo di relazioni, le frequentazioni di cene e salotti, la vigilanza sulla comunicazione istituzionale e non, il ruolo che riunisce, in un certo senso, sparring partner, confessore, cuscinetto e all'occorrenza pure parafulmine (Vedi alla voce Pertini-Ghirelli, per dire). 



Sul ruolo più “pesante” del Capo dello stato nei momenti di crisi la pensa nello stesso modo Vincenzo Lippolis, ordinario di Diritto costituzionale italiano e comparato e volto ben noto a tutti i frequentatori di Transatlantico di qualche esperienza. La difficoltà del cosiddetto potere neutro sta proprio nel prendere decisioni dirimenti  non per far prevalere una o altra parte ma per assicurare gli interessi permanenti della nazione. Una posizione che richiede lungimiranza ed equilibrio e che non sempre è facile individuare, diciamo. 
La personalità dei Presidente si è mostrata anche nella politica estera. E anche qui, con l'andare del tempo, il Capo dello Stato si è ritagliato un ruolo più importante. Ci sono stati presidenti naturalmente viaggiatori e presidenti sedentari. Certo, con il velocizzarsi dei trasporti l'inclinazione a visitare altri paesi si è fatta più forte e gli ultimi inquilini del Quirinale si sono mossi molto di più dei primi, sebbene per meno tempo medio. Ma d'altra parte questo è quello che accade un po' a tutti perché così va il mondo. Ho tra l'altro finalmente ben chiarito la differenza tra visita di Stato e visita ufficiale. La prima è solo del presidente della repubblica e si organizza con il contagocce. Per l'altra si usa invece la manica larga, la fa anche il presidente del Consiglio , per dire, e il protocollo e decisamene meno rigido.  
Discorso a parte, quello dell'immagine del Presidente, della presenza del Quirinale sui social, del sito dedicato alla istituzione e al suo attuale capo. In effetti, per tutta la giornata di Sergio Mattarella non si è quasi parlato. Ma Giovanni Grasso, suo Consigliere per la stampa, non si è proprio potuto esimere dal parlare sui cosiddetti "giorni nostri”. Così abbiamo guardato il sito del Quirinale, diviso nella parte blu dedicata al Presidente (blu perché è il colore della Repubblica, non lo sapevo, ammetto) e bordò per il Palazzo. E poi i social, Twitter e Instagram soprattutto. Io amo molto Instagram, anche se riconosco il ruolo di Twitter. Su Instagram c'è un po' di ufficialità, ma anche quel lato poco interessato dai fotografi della cronaca, i piccoli interludi di Mattarella con i cittadini, le cerimonie "minori", la vita quotidiana del presiddente, insomma. E no, niente Facebook per il Quirinale. Una scelta a tutela dei cittadini vista la propensione degli italiani a usare linguaggi rudi. Che se rivolti al Capo dello stato prefigurano il reato di vilipendio. “Di insulti non ne arrivano molti, ma la nostra filosofia é lasciar correre”.
Al Quirinale usano ogni social. “Così tutte le informazioni sono per tutti, senza discriminazioni”, sintetizza Grasso. Il discorso vale anche per YouTube, che è stato assai arricchito rispetto al passato. Il discorso di Capodanno, per fare un esempio,  è stato seguito da oltre 46mila persone, un dato molto interessante perché chi lo ha aperto lo ha proprio guardato tutto.