giovedì 16 marzo 2017

Una panetteria per far lievitare il futuro




Nonostante, generalmente parlando, i tempi siano con tutta evidenza di restringimento del pensiero, dello sguardo e del concetto di solidarietà, c'è un mondo poco urlato e quasi sotterraneo che lavora di braccia contro la meschinità e si applica in tante quotidiane iniziative 'a favore' e non 'contro'. Per sua stessa natura non abbaglia, ma costruisce progetti in piccole parti che rendono migliori un po' vite. A questa categoria appartiene la "Panetteria per far lievitare il futuro" della Onlus Jandira, nell'omonimo sobborgo di San Paolo in Brasile. Sobborgo, mi pare di capire che è parola grossa. Più favela, direi, dove povertà e disoccupazione la fanno da padrone con tutti i corollari di droga, violenza, abusi, analfabetismo e via andando che si possono immaginare. Bambine e bambini già da piccolissimi prendono la via della strada senza alcun accudimento e se ne vanno in giro abbandonati e alla mercé del destino che, immaginiamolo, raramente è benigno. Così questa associazione Caritas San Francesco cerca di insegnare ad alcuni di loro un mestiere, in questo caso quello di fornaio, in modo da offrire almeno una prospettiva.  
È ovvio che soldi ne servono sempre. 


Per sostenere questa buona causa, il mio amico e per tantissimi anni collega Ferdinando Regis, penna magistrale e spesso pure sorridente, ma anche anima dei Sax appeal, ha inscenato un bel concerto una domenica sera di marzo al teatro Lo Spazio dove ha radunato un bel po' di giornalisti e non. Per la verità i gruppi erano due i Vocal Avenue, un gruppo di amici pazzi per i Beatles che ripropongono con nuovi arrangiamenti e armonizzazioni vocali, e i Sax Appeal, appunto, che suonano Rythm ‘n Blues e Soul, da James Brown a Steve Wonder, da Zucchero ai Ladri di Biciclette. Per loro è stato un po’ come per la band del cult movie The Blues Brother, racconta Ferdi, che si è attivato per ripescare uno per uno tutti gli elementi per ricomporre il gruppo e pure i suoi fan. Ricordo di averli sentiti suonare almeno dieci anni fa e ho ritrovato in sala parecchi del supporter di allora. Dunque, veri aficionados! E poi, diciamocelo, tra vecchi e nuovi, c'era mezza sala stampa di Montecitorio, alcuni scatenati in pista, altri, come me, più dedicati alla chiacchiera che all'esercizio fisico. 
Comunque, l'avventura eccola qua, come la racconta chi la costruisce. 



Una panetteria per far lievitare il futuro dei ragazzi di Jandira. Perché una panetteria? Perché è il primo step di un progetto più ampio che ha l’obiettivo di formare centinaia di ragazzi, insegnando loro un mestiere per indirizzarli verso una vita onesta, lontano dalla criminalità e dalla prostituzione che spesso travolgono i giovani delle aree più disagiate.
Protagonista di questo progetto è l’associazione Caritas San Francisco, fondata 30 anni fa dal padre missionario italiano Giancarlo Pacchin, per tutti padre Gianchi, sul campo da 40 anni per aiutare i più deboli. L’idea è tanto semplice quanto solida: insegnare ai ragazzi un mestiere per salvaguardare il loro futuro. Il pane è, appunto, solo il primo passo. Poi verranno i corsi per informatici, elettrotecnici, sarti, cuochi e idraulici. Il progetto si chiama ‘brotar’, che in brasiliano significa germogliare. Una parola che vuole essere una speranza per tanti giovani. La formazione privatizzata in Brasile a tutti i livelli, infatti, ha costi insostenibili per la grande maggioranza della popolazione che vive sotto la soglia di povertà e per le nuove generazioni che non possono imparare i mestieri più comuni.
Proprio nelle scorse settimane sono stati avviati i primi esperimenti di panificazione italiana con Giovanni Ferretti, tecnologo di fama internazionale. 
Per aiutare il gruppo missionario Jandira si può effettuare una donazione sul conto corrente bancario 230224/ 1 intestato al Gruppo Jandira Onlus, l’Iban è IT92V031 2403 2100 0000 0230 224. 
 

lunedì 13 marzo 2017

Le low cost e le altre




Da anni ormai viaggio solo con compagnie low cost, a parte i lunghi voli transoceanici, ma quelli sono economy per definizione e non fanno testo. E poi, ahimè, non ne ho fatti poi molti recentemente. L'ultima gita a Londra, però, me l'ha regalata mio fratello che, suo malgrado, è uno di quello che fa la spola vorticosa tra gli aeroporti, europei e non, e quindi tra miglia e confidenza si muove con le compagnie di bandiera. Perciò mi sono trovata fiera proprietaria di un bel passaggio a/r British Airways. E tuttavia alla prova dei fatti queste signore dei cieli negli anni le ho trovare invecchiate senza autorevolezza. Come quelle donne che si vestono da ragazzine senza esserlo più e scimmiottano modi giovani, senza abbandonare i modi di un lignaggio del quale è rimasto solo il nome. 
Così, ad esempio, laddove per le low cost il check in online apre fino a una settimana prima, BA si concede solo 24 ore prima. Però, allo stesso modo delle nuove venute, non concede scelta di posto se non a caro prezzo. All'imbarco, le stesse pressanti richieste di mettere in pancia  il bagaglio a mano “senza sovrapprezzo” quasi fosse una grande concessione della Regina  in persona e non una cortesia del passeggero. E poi le forche caudine del sadico certificatore incontestabile delle misure del trolley che mai avevo visto usare da compagnie di bandiera, seguite dalle lunghe file di imbarco. Insomma, nessunissima differenza con le compagnie a basso prezzo, incertezza dell'orario compresa. 
Per non parlare dell'assistenza a bordo. La luce sopra il mio sedile era rotta, così, visto che abbiamo viaggiato con la cabina in modalità notturna, non ho potuto leggere. L'hostess si è molto gentilmente stretta nelle spalle. Con burocratica impotenza. Non parliamo di un caffè o uno snack, ma anche l'acqua era a pagamento, oppure di rubinetto in caraffa in plastica vagamente opaca. 
Vabbè, il tutto solo per dire che alla fine la formula low cost ha contagiato tutti: le grandi compagnie sono scese di qualità e le piccole sono migliorate per incontrarsi a metà strada. A parte Vueling che non consiglierei al mio peggior nemico.  A me non è cambiato molto, disavventure personali non ne ho subite. Sono solo rimasta sorpresa dell'assottigliamento delle differenze che non so quanto corrisponda a quello del profitto. Però, però tutte quante, grandi e piccole, di rango o plebee, immancabilmente mandano il loro bravo questionario per ottenere un voto in pagella. E io puntualmente, recensisco. 

mercoledì 8 marzo 2017

L'8 marzo del Quirinale



Non sono certo una che si emoziona facilmente. Trent'anni (e passa) di frequentazione dei palazzi me li hanno fatti considerare un po' come casa mia e sicuramente non provo alcuna soggezione di fronte al mio soggiorno. Tuttavia, considero sempre davvero un onore essere invitata al Quirinale. Soprattutto da questo Presidente. 
E pure oggi ho trovato la celebrazione della Giornata della donna non stucchevole, nè banale.  Anche nella regia e nel copione meritevolmente senza mimose I diritti delle donne in primo piano, certo, e la piaga terribile dei femminicidi e il dolore senza futuro di quei figli devastati dalle mamme nella tomba e i padri assassini, le pari opportunità e il riconoscimento dell'attività quotidiana multitasking. Questa parte, purtroppo, è richiamo annuale dovuto, doveroso, desolato. Il cambio di passo è nel riconoscimento del quid femminile in più nella storia. Nel grande, non nel piccolo. 
Le donne sanno costruire la pace meglio e più degli uomini, sostiene il presidente Mattarella, perché sanno fare rete e dialogo, elementi indispensabili a tessere una integrazione duratura oltre i cessate il fuoco, una pace costruita con cultura, religione, comprensione e rispetto, tutte cose che le donne frequentano molto meglio degli uomini. Tanto che la loro capacità di mediare nei conflitti porta risultati più duraturi di gran lunga. Quindi, non solo stipendi e carriere, pannolini e asili nido come orizzonti della parità femminile. Ma uno sguardo al sostanziale contributo storico delle donne. Ditemi niente. 
E l'altro passaggio in cui cambia l'angolo:  “Dobbiamo metterci in discussione, rinunciare ad ogni forma di riserva mentale e fornire appoggio reale e incondizionato nella lotta alle diseguaglianze e ai pregiudizi” dice il Presidente, e speriamo che faccia scuola. Ma intanto che finalmente autorevoli uomini comincino a dire pubblicamente che serve una modifica della mentalità maschile nel quotidiano mi pare un buon passo avanti e non resta  che augurare che attecchisca. 
La cerimonia è stata guidata quest'anno da Elena Sofia Ricci, attrice di rango, ma parecchio emozionata dalla cornice e forse non proprio a suo agio nelle domande più politiche a Federica Mogherini o Maria Elena Boschi, ma ha tenuto il tempo nel presentare le donne coraggiose e brave e intelligenti nei loro campi che il Quirinale ha voluto farci incontrare. 
Infine, ammettiamolo, la parte mondana ha sempre il suo perché. Ritrovi amiche (e qualche amico) talvolta perdute da anni, oppure incrociate di fretta, è il momento per aggiornare le vite e i telefoni, riscoprire sintonie e abbozzare nuove idee. Perché poi, alla fine, queste occasioni, servono anche a questo, no? A costruire, a fare meglio, a mettere in contatto potenzialità. Almeno, io la vedo così. 





lunedì 6 marzo 2017

Kew Gardens



Non andavo a Kew Gardens da 35 anni più o meno. Uno dei miei primi viaggi a Londra, ero una ragazza e ricordavo quel posto con grande entusiasmo. Parecchio defilato dal centro, quasi a Richmond, ci vuole quasi un'ora. Sobborgo chic, niente sembra cambiato nei decenni, borghesia alta, solida, benestante, consapevole, spirito understatement, quel senso della comunità strettamente locale che leggi nei romanzi inglesi di sempre. Con i suoi pregi e difetti. Giornata di sole, nonostante le previsione più fosche. 
E' stata una strana sensazione essere di nuovo  qui con una figlia che ha più o meno la mia stessa età di quando sono venuta io la prima volta. Strani giochi di vita. Proprio per questo, però, ci tenevo a tornare con lei. Per me, é stata una gioia e quasi una emozione, rientrare in quella serra tropicale, salire sulla scala a chiocciola Liberty che ricordavo perfettamente e questa volta scattare le foto con Flaminia. 


Durante questa visita il parco -biglietto d'ingresso esoso oltre misura- offriva anche una splendida mostra di orchidee nel loro habitat naturale, un tripudio di colori e fantasie della natura che danno sempre un certo sollievo allo spirito, soprattutto se non si è in gran forma e se si viene da un inverno lungo lungo. Bella l'esibizione aerea delle specie senza radici. 




Questa è la foto, ma naturalmente è controluce e non rende un granché, ma non c'è stato verso di fare altrimenti. 
A Kew Gardens abbiamo girellato un po', colpite dalle grandi distese di fiori in bulbo appena in boccio. Tra qualche settimana sarà un tripudio di crochi, daffodils, tulipani e altre specie multicolor che non ho saputo identificare ma di sicuro molto promettenti. Certo, l'entusiasmo creativo a volte va un po' su di giri come nel caso di questo pavone vegetale alquanto estemporaneo. Però all'esterno ce n'era anche uno molto più sobrio, tutto bianco e soprattutto vero. Lui, contro ogni stereotipo, aveva carattere schivo e dunque non si è fatto fotografare. 


Di nuovo ho trovato The Hive, ovvero l'alveare, una bellissima struttura- scultura a forma -appunto- di nido d'ape con una bizzarra installazione sonora che si può ascoltare soltanto tenendo un bastoncino tra i denti appoggiato a una colonnina apposita. Vabbè, una cosa comodissima e di massa... Inglesi... 



La riflessione più generale é che Londra é comunque una città sempre in progress. Ci sono continui cantieri, le gru svettano alacri, gli operai fluorescenti lavorano sempre durante i weekend tanto che ho notato ferramenta e negozi di pittura aperti e frequentati da addetti ai lavori e non solo da amatori anche di domenica. Se c'è un lavoro da finire, lo si fa ad oltranza. E i risultati si vedono. Insomma, banale dire che è una città che non chiude mai, però è proprio così. 


domenica 5 marzo 2017

CitizenM London hotel, futuro a tutto gas





Un tuffetto nel futuro divertente, questo hotel CitizenM automatizzato al punto giusto senza essere però disumanizzato. Gli spazi tendono al piccolo e razionale, arte e senso dell'umorismo lieve si mescolano negli arredi e nello stile maison tanto da allontanare con decisione l'effetto scatoletta giapponese nelle stanze. Andiamo per ordine, perche questa volta ogni dettaglio ha la sua importanza. Già l'ingresso su Holywell lane (Shoreditch) è sui generis: porta minimal inchiodata tra i colori che apre su un atrio la cui unica funzione è essere lì per bellezza. 



La vita dell'hotel comincia al piano di sopra. E abbaglia. Check in al pc, ma assistito in modo cordiale e disinvolto nel caso, come il nostro, la prenotazione non spuntasse fuori; bar, spazio colazione, divani, opere d'arte moderna sparpagliate e, volendo, in vendita come cuscini e altri arredi. 



La carta-chiave della stanza è una specie di lasciapassare generale. Appoggiata sul sensore dell'ascensore (parlante ovviamente), per esempio  lo porta direttamente al tuo piano. 


In camera c'è un mini IPad che fa da maggiordomo 4.0. Attraverso di lui si alzano e abbassano le tende esterne, si accendono e spengono le luci e se ne decidono i colori a seconda dell'umore oppure si imposta la modalità arcobaleno diffuso e quelle cambiano armonicamente come un balletto cromatico. 


Anche la musica va a tempo. Ci sono varie faccine sull'ipad servitor cortese e si può decidere se ci andare a tempo romantico, party, lavoro o relax con colori sinconizzati. 
Tra le amenities una mega TV sul letto e, sempre attraverso il magico iPad, la possibilità di vedere tutti i canali del mondo e tutti i film più recenti usciti nelle sale. Quindi, se  Londra vi annoia, sapete come passare il tempo... 
Avrei solo da obiettare un filino sul bagno, la cui privacy é diciamo stentata. Il lavandino é in camera, alla francese, mentre toilette e doccia sono rintanate in una specie di capsula di plastica, opaca per fortuna, ma molto confidenziale. 

venerdì 3 marzo 2017

L'Asia a Londra



Tra le cose che adoro fare a Londra, adesso che sto andando più spesso, è mangiare asiatico. Con Flaminia siamo appassionate di cibo al vapore e zuppe. Niente a che vedere con i piatti cinesi di italiana cottura, glutammato a gogò, freezer e microonde in soluzione coordinata con la tovaglia acetata lucida. A Londra, of course, il cibo cinese -e dintorni- ha diverse sfumature a seconda della provenienza geografica di cuochi e gestori, le influenze culturali ... influenzano. Così, per esempio in King's road ci siamo fermate in un ristorantino piccolo piccolo, il New culture revolution, a conduzione familiare o quasi, direi. Le due donne che servivano ai tavoli parlavano poco l'inglese. Cibo ottimo, Nord China, ravioli al vapore con ripieno divino e zuppe dai mille sapori profumati. Per un costo inferiore ai 20 pound. 



Così mi è venuta nostalgia della cucina vietnamita, tra le migliori mai assaggiate secondo me. Naturalmente a Londra c'è un quartiere quasi interamente colonizzato, dove i ristoranti si susseguono e c'è solo l'imbarazzo della scelta. Per la precisione si trova a Shoreditch e la via principale è Kingsland rd. Anche qui l'inglese si mastica e non si mastica (se mi si passa il gioco di parole). Per il resto c'è l'atmosfera classica dei locali orientali. 


Grandissima confusione, affollatissimo, dinamicissimo. Siamo stati di sabato sera e meno male che avevamo prenotato. La fila arrivava fino fuori ed era lo stesso per ogni locale della via. In alcuni di questi locali non servono alcol, però lo si può comprare nei supermercati vicini e sempre aperti e consumare democraticamente a tavola. Abbastanza curioso, ma vero. 
Grande spolvero asiatico anche a Brick lane, dove la domenica si susseguono le tentazioni di street food e, una volta tanto, gli italiani o presunti tali non colonizzano con improbabili cotolette o spagetti bolonaise (o come diavolo storpiano i menù). In Brick lane ci sono paella come humus, cous cous e sushi, nachos e crêpes, un giro del mondo accurato, molto dettagliato e assolutamente soddisfacente. 



giovedì 2 marzo 2017

AntiBrexit, politica anche underground



Tutti conoscono qualcuno che è andato a vivere in Inghilterra, ha cambiato vita, ha trovato opportunità. Per chi come me ha una figlia che li ha investito il suo futuro, Brexit é fonte di ricorrenti folate di ansia. La paura di veder sbriciolare una giovane vita tessuta di sogni diventati realtà a costo di tenacia, ostinazione e fatica naturalmente mi acchiappa dove meno me lo aspetto -testa, cuore, stomaco- quando meno me lo aspetto -mattina, pomeriggio, sera, notte. Giornali e TV mettono ansia nel loro straparlare per lo più a vanvera e quasi solo per mettere ansia senza tenere conto di leggi e trattati. Comunque, ammetto che talvolta mi faccio influenzare.
A Londra il clima non è diverso. Non è infrequente incontrare nelle piazzette e negli angoli capannelli di sostenitori del “abbiamo fatto una sciocchezza, ripensiamoci” che volantinano con entusiasmo. Devo dire abbastanza nell'indifferenza generale. C'è però una diversa, più sociale iniziativa che prova a lasciare un messaggio un po' più complesso. È del sindaco di Londra, Sadiq Khan, che, come tutti sanno, è di mentalità aperta e smart. Così nelle stazioni della  metropolitana, fulcro della vita cittadina, ovunque si trovano pieghevoli di versi e grandi cartelloni con rime e frasi poetiche romantiche o buffe. 


Khan ha agganciato una trentennale tradizione londinese che si chiama Poems on the Underground, poesie in metropolitana per regalare momenti di riflessione durante i tragitti, per fare spazio al suo no Brexit. E scrive: “Rispondendo alla fama di Londra come città aperta questa collezione di poesie celebra la diversità e la creatività che rendono Londra unica e non solo da oggi ma attraverso la storia. Voglio lanciare questa importante campagna per dimostrare che Londra è aperta alle persone, alle idee e al commercio dopo il referendum europeo e sono lieto che questo tema sia esplorato e approfondito attraverso la poesia”. Nel pieghevole ci sono poesie inglesi, ma anche di molte altre parti del mondo. Tanto per evitare che ci siano fraintendimenti c'è anche un hashtag #LondonIsOpen. Chiaro, no? 
Ecco. Questa è una iniziativa culturale, ma anche profondamente politica. Nel suo senso più civile e maturo. Non è aggressiva, non demonizza gli avversari, si limita a proporre il meglio della propria proposta. E a diffonderlo con semplicità, un pizzico di senso dell'umorismo e capillarmente. Quando si dice la magia dell'uovo di Colombo... 

Le forme della sostanza



Una fase di pigrizia estrema connessa con mancanza di ispirazione mi ha portato a trascurare le Cosedeglialtrimondi. Anche perché di cose di questo mondo se ne sono viste parecchie, negli ultimi tempi, e mica tanto bene. Comunque sono stata a Londra -di nuovo- per il mio compleanno, ormai oltre un mese fa. A parte la felicità di essere coccolata da Flaminia con fiori e champagne in camera in un bellissimo hotel a London Bridge, abbiamo sperimentato un altro ristorante in cima a una torre. Questo con giardino e bar al piano di sotto. La cosa divertente è la mescolanza assoluta tra gli avventori. Le persone si parlano senza conoscersi. 


Due battute o due chiacchiere, una canzone in pista, un bicchiere. Senza secondi fini. E non lo dico per me, ma anche per Flaminia. Insomma, non c'è una selezione di età. Intendo che le persone comunicano per il gusto di farlo e la curiosità di parlare. Anche quando l'alcool non ha cominciato  ad agire come frantumatore  di barriere e convenzioni. Le persone con cui abbiamo parlato noi era allegre, non ubriache. Gruppi di amici a divertirsi  il venerdi sera. 
La riflessione che voglio fare riguarda però un modo di affrontare i rapporti umani veramente diverso dal nostro. Gli inglesi fanno poco caso all'aspetto fisico inteso come canone standard di bellezza. Lì si può pesare qualche chilo di troppo e non essere considerato merce da tappezzeria. Li le persone si illuminano da dentro e vengono ascoltate se hanno cose da dire perfino se hanno rotolini o abiti fuori moda. Uscendo anche solo per un momento dalla mentalità italiana, si scopre un mondo strano, fatto di uomini e donne che si parlano e non solo si guardano per giudicarsi esteticamente. Si scopre, per esempio, che un uomo adulto che si accomoagna con una ragazza viene giudicato un po' sciocco e le giovani donne preferiscono mediamente coetanei e non macchinoni di lusso e attempati week end a cinque stelle. Con le debite eccezioni, con tutta ovvietà. Parlo di approccio diffuso. L'ansia da 50 kg non turba la vita sociale e i negozi sono pieni di taglie 46 senza complessi. Pure troppo, devo ammettere perché poi talvolta si sconfina nella trascuratezza della salute. Però, quello che ho visto é una società più attenta alla sostanza delle persone che alla loro forma. Con parecchie riflessioni a seguire.