mercoledì 31 gennaio 2018

Fitandgo, l'allenamento 'aumentato'



Nella incessante ossessione a perdere peso, chili, etti, grammi, va tutto bene, mantenendo in contemporanea un tono muscolare gradevole, mi sono imbattuta in Fitandgo, scorciatoia da testare per la agognata formula “pochi sforzi, risultati grandiosi”, un po' come l'alchimia per fabbricare l'oro con quattro stracci. 
Lungi da me la pretesa di improvvisarmi influencer dei poveri e tantomeno con l'idea di fare pubblicità a chicchessia. Semplicemente, dopo aver pubblicato una foto di me sotto la tortura (volontaria) del Vacuum e avendo parlato un po in giro di questa specie di avventura, ho riscontrato parecchia curiosità e dunque eccomi qui a parlare di questa avventuretta appena iniziata. Onestamente, non so ancora quanto funzionerà e se davvero scolpirà muscoli e spolperà superfluo localizzato, però posso dire che, per chi ama allenarsi, è divertente. In più, dopo soli 20 minuti di allenamento ci si sente il corpo contento (e stanco, va) come dopo una seduta impegnativa in palestra. Non credevo. La prima seduta è volata. Sembra che ci si metta di più per la 'vestizione' che per l'allenamento che è sempre seguito da un personal che dosa esercizi e intensità secondo il soggetto 'trattato'.


Funziona con l'elettricità. Serve una speciale tutina che puoi comprare o affittare ogni volta. Sopra vengono applicati speciali giubbetti e fasce varie con elettrodi attaccate a una specie di manubrio del tapis roulant con un display dove appare l'intensità della “scossa” muscolare e il ritmo dell'allenamento. Ogni esercizio è multitasking, nel senso che coinvolge più parti del corpo contemporaneamente. Gli impulsi elettrici agiscono sui muscoli e ne potenziano l'attività. Niente a che vedere quindi con la ginnastica passiva dove ci si sdraia sul lettino e ci si dimentica di sè. Qui si lavora seriamente. Alcuni dicono che sono i 20 minuti più lunghi della loro vita. A me paiono volare. L'allenamento non può essere ripetuto più di una volta a settimana. Ma, d'altra parte, io non rinuncerei mai alla mia palestra tradizionale e nemmeno alle camminate o corse al parco o in Toscana. Questo è un extra. 
Se si vuole strafare nella speed way, perciò, bisogna prendere in considerazione anche il tapis roulant che offre due scelte. Il Vacuum, ovvero il vuoto. Si indossa una specie di gonnellino attaccato alla macchina che crea il vuoto appunto e si comincia a camminare tirati verso il basso. Non mi è piaciuto un granché. Il gonnellino stringe e la fatica mi è sembrata un po' 'artificiale', non saprei come altro descrivere la sensazione. Molto meglio il tapis roulant termico: si cammina con la parte inferiore del corpo a 70 gradi. Cosa che aiuta a bruciare calorie a più non posso. In 30 minuti io sono arrivata a circa 600, ma gli uomini possono (dicono lì) raggiungere anche le mille. Non saprei, ma é più divertente dell'altro e l'esercizio si sente. 


Tutto bene, benissimo. A parte i costi che sono un po' 'di nicchia'. Mezz'ora di tapis roulant costa 29 euro, che è più o meno come un personal trainer. Costa tanto l'abbonamento agli allenamenti che vengono proposti a pacchetti di quattro/sei mesi o un anno. Magra consolazione, in Uk, dove l'ha provato Flaminia, è perfino più esoso. 

lunedì 29 gennaio 2018

Happy birthday, Luisa



Tre giorni, dico tre, con mia figlia a Edimburgo. Noi due per festeggiare il mio compleanno che ormai non è cosa da poco, visto che gli anni si ammonticchiano senza ritegno, incuranti della mia strenua resistenza. Così, da un po' di tempo ho deciso che la cosa migliore é staccare da Roma e andarmene via con Flaminia, che poi è l'unica cosa che davvero mi fa felice. 
L'anno scorso Londra, quest'anno l'abbiamo fatta più complicata e ci siamo viste a Edimburgo. Io con la mia immancabile bottiglia di champagne e una valigia piena quasi solo di cose comprate per lei (”mamma, ma é il tuo compleanno, non il mio!”). E non importa, no? 
Molto divertente trovarsi in una città 'terza', nè Roma, nè Londra. Io non c'ero mai stata e le novità, anche piccole, vanno sempre alla grande. Carino il nostro hotel, Stay, semplice, un po' da giovani (d'altronde... :)) ogni stanza con il suo nome, kettle, tè e caffè in camera e un lettone dove farsi una bella chiacchierata. O una bella dormita. In verità noi abbiamo dovuto cambiare stanza per via degli unni che ci abitavano sopra, dediti al cambio di disposizione dei mobili alle 3 am.



Vista la stagione, inevitabilmente la prima passeggiata finisce in tempi rapidi in un pub. D'altronde, siamo nella patria della birra, che diamine! Quindi, via libera a bionde e brune in assaggio. E qui l'esperienza culturalmente traumatica è stata la scelta di patate fritte condite con scaglie di parmigiano. Passi il ketchup o la maionese, ormai sdoganati, sebbene io mi sia sempre opposta alla contaminazione, ma addirittura??? Insomma, bisognava mangiare qualcosa e ho superato anche questa. Poi però il ristorante scelto è stato tutt'altro. 




Prosegue così la mia campagna a favore della cucina britannica, Cenerentola negletta e bistrattata, ma vittima secondo me di antichi pregiudizi. Questo Lovage, trovato online e non raccomandato da esperienze personali di amici, si è rivelato superbo. Tutte le nostre scelte sono state all'altezza, e ci siamo anche divertite. Lovage significa levistico, pianta officinale della quale non conoscevo l'esistenza, detta anche sedano di montagna, con varie proprietà terapeutiche e la particolarità di dare il nome a questo ottimo ristorante. Ma il vero festeggiamento é stato la sera dopo alla Maison blue, ristorante francese scelto da Flaminia per me, composto da stanze e stanzette su più piani, con un delizioso cibo. Senza contare la colazione scozzese da diciottomila calorie composta da uova strapazzate, pane, fagioli, salsiccia, funghi, pomodori, haggis (interiora spezzate e fritte, meglio da mangiare che da descrivere e comunque una bimba di grassi iper calorici e dannosi, ma squisiti). 



Girovagare noi due con tutto il tempo a disposizione e parlandoci non attraverso whatsapp è stato davvero il più bel regalo. Sono parentesi e boccate d'aria che costruiscono tra madre e figlia e viceversa, senza l'insofferenza del gomito a gomito quotidiano, ma con la forza del volersi bene, decidere di passare del tempo insieme, non solo per sangue e consuetudine, ma per scelta. Questa volta sono stati castelli, birra, cornamuse i nostri tag.
E infine ho ricevuto a Londra il mio regalo, la desideratissimo pentola slow cooking, che è venuta con me in cabina sul Londra-Roma. La cosa più divertente è stata superare i controlli di sicurezza a Luton. Meno male che in Uk l'aggeggio è ben noto. Io, previdente, l'ho tirata fuori dalla valigia, visto che è dotata di timer e magari avrebbe potuto suscitare qualche diffidenza nei signori dedicati alla censura dei bagagli, e l'ho adagiata sola soletta su un vassoio, spiegando anche la sua funzione  all'addetto. Che, per la verità, non mi si è filato per niente. Così la pentola è arrivata a Roma, sana e salva, anche con la sua parte in terracotta e il coperchio in vetro, e ha fatto la sua prima esibizione con un cous cous di pollo. Ottimo. 


giovedì 25 gennaio 2018

Il peggior volo della mia vita



Diciamo che atterrare sono atterrata e dunque non mi lamento più di tanto. Tuttavia, quando il fato si accanisce con i bastoni tra le ruote non c'è niente da fare. Così questo volo Edimburgo-Luton ha sofferto di tutti i disagi possibili immaginabili. Flaminia ed io con lui. Dopo due giorni di sole cristallino, la domenica si è offerta volontaria per lo spettacolo 'Città sotto la neve'. Sottotitolo: freddo a 360 gradi (sotto zero). Con il decollo previsto intorno alle 5 pm, e un po' stanche di pattinare fortunosamente sui marciapiedi schivando i trabocchetti di neve mista a ghiaccio, decidiamo di andare in aeroporto in anticipo. Appunto, troppo in anticipo, visto che quasi appena arrivate sul tabellone è apparsa la scritta incubo di ogni viaggiatore, low cost e non: estimated ... 30 minuti di ritardo. Che, naturalmente, con il passare del tempo si sono dilatati, sgocciolando di 20 minuti in 20 minuti in avanti. 
In verità, parecchi voli erano segnati dal marchio del ritardo: colpa (anche) di un tempo da cani che rallentava decolli e atterraggi. Ma per intrattenerci, l'aeroporto di Edimburgo ha voluto strafare. Quindi, non solo birre e shopping. Abbiamo avuto anche la performance dell'allarme incendio. Di colpo, gli altoparlanti si sono messi a salmodiare sul fuoco, chiedendo con urgente cortesia di dirigersi verso le uscite di emergenza. E poiché siamo british, l'esodo si è svolto con rassegnata compostezza. In realtà, nessuno ci credeva proprio, ma nel dubbio... L'operazione si è ripetuta due volte. Alla seconda lo zelo generale era molto diminuito. Non si è spostato quasi nessuno e anche i più ansiosi hanno fatto solo pochi metri. Altro che meeting point e procedure varie. Noi, poi, eravamo già in fila per l'imbarco e oltre a esprimere i sensi del nostro disappunto, praticamente non ci siamo quasi mosse. 



Come dio volle, imbarchiamo. Ma solo per sentirci dire dal comandante che il tempo a Luton è pessimo e, per ora, di partire non se parla proprio. Accogliamo con nervosismo l'immancabile “vi terremo informati”. Il ritardo ormai è di tre ore e tutti i nostri programmi londinesi si stanno liquefacendo. E poi, diciamocelo, tutto questo entusiasmo per un volo nelle intemperie chi può averlo? Alla fine, si va. Ma il comandante ha voluto tenere in serbo per noi l'ennesima sorpresa e, appena cominciata la discesa verso Luton, ci chiede di spegnere tutti i devices. Specificando che non basta la modalità aereo perché abbiamo 150 metri di visibilità (praticamente il corridoio di casa mia) e dunque scendiamo guidati dalla torre di controllo e senza vedere niente. Ovviamente, ogni possibilità di interferenza elettronica va evitata. Nessuno vorrebbe assistere alla scena della torre che dà istruzioni al pilota il quale non riesce a sentire perché qualche idiota di passeggero ha tenuto il suo smartphone acceso, no? Il silenzio che ha accompagnato questo atterraggio -peraltro perfetto- è stato totale. Diciamo che la compostezza britannica si è aggiunta a una certa dose di tensione generale. 
Tutto bene quel che finisce bene, in ogni caso. E il giorno dopo la stessa Easyjet mi ha riportato a Roma con ben 40 minuti di anticipo sul volo estimated... Gli aerei più pazzi del mondo... 

mercoledì 24 gennaio 2018

Edimburgo la pura




Ma è proprio una città che ispira intrecci fantastici, questa Edimburgo. Castelli, vicoli, scorci. Ovunque si respira storia. Una storia fatta di avventure vere, studiate sui libri, ma anche di maghi e draghi, mostri, streghe e animali mitologici. Il mondo di Hogwarts non poteva che nascere qui. Se poi si beccano un.paio di giorni di cielo azzurro e limpido condito da un bel sole gelido, la bellezza di questa città si cristallizza in tanti scorci netti, la pietra grigia alleggerita da vetrate colorate e dal verde di piccoli parchi muschiosi. Perfino il cimitero centro città ha il fascino medievale e invita a meditare tra le lapidi erette di certo per cavalieri e dame, saggi di mondi lontani o gente di chiesa contrapposta all'ultimo sangue al potere secolare, in epici scontri nei quali alla fine sacro e profano, giusto e sbagliato intessevano la storia, ma senza stabilire un confine netto. Sono tutti qui, protetti dal velluto verde della natura. 



Oggi l'architettura compone storie e aneddoti e negli scozzesi mi pare infuso un orgoglioso rispetto del passato, unito a un rigore naturale, forse esaltato dal freddo che, sole o non sole, comunque si infiltra sfacciato e persistente. 
Il cuore della città è il castello. Si fa un po' di fila per entrare, però, vabbè, ci sta. Da qui, messere, si domina la valle, per dirla con il Banco del mutuo soccorso (questi se li ricordano solo quelli di una certa età, ma d'altronde io sono venuta fino a qui proprio a festeggiare il mio compleanno e dunque posso fare impunemente citazioni antichissime). E poi ci si infila nella vita medievale, con tanto di segrete ricostruite, gioielli della Corona (no photo, please), stanze delle guardie e tutto il necessario per abitare decorosamente in un castello. 


Intorno vivono pub e caffè. Ma nessuno di loro espone gli sfregi della globalizzazione gastronomica. Niente piatti malamente fotografati e sbattuti sul muro in tre-quattro lingue per calamitare il turista pigro e tonto, niente 'buttadentro' e tantomeno quegli umilianti prezzi doppi (local e foreign) così in voga in città più alla moda (a cominciare dal maleducatissimo centro storico di Roma). A Edimburgo, si mescolano armoniosamente scozzesi e viaggiatori, senza distinzioni. I pub sono frequentati da entrambe le 'categorie'. Razze no, non è una parola da usare più, nemmeno con ironia traslata. 
Per fare un esempio, ecco il Deacin's house cafe Brodie'Close, installato nella ex casa di questo tale Brodie, fabbro in Edimburgo, che aveva messo su una seconda attività assai fiorente rivendendo ai ladri le copie delle chiavi appena fatte. Di lui, in questo locale, si possono ammirare le gesta dipinte e raccontate lungo le pareti. E, nonostante sia proprio in un vicoletto sul Royal Mile, atmosfera, cibo e clientela sono del tutto genuini. 



Ecco, il Royal Mile. Collega il castello al parlamento. È la passeggiata classica di Edimburgo. E tuttavia, sembra essere rimasta agli anni '70. Ci sono moltissimi negozi di souvenir e di distillati, ovviamente. Però l'impressione è che gli articoli in vendita siano ancora quelli di cinquant'anni fa. Sia nelle fogge che nei materiali. I kilt e le sciarpe, per dire, sono identici a quelli che si usavano quando ero ragazza, non c'è alcuna concessione al passare del tempo. E, non a caso non sono riuscita a comprare assolutamente nulla perfino io. Quindi, doppiamente bene. Anche perché ci si sente come assolti dall'obbligo di acquisto e sollevati alla percezione di un luogo frequentato dai turisti che tuttavia vengo trattati come ospiti e non polli da spennare e aggredire a ogni svolta d'angolo. Una esperienza rara e decisamente piacevole.