Filippo Cordova non è il capostipite. Anche perché non ebbe figli. Prima di lui, comunque, Consalvo, detto il Gran Capitano, guerriero spagnolo di disinvolti costumi e intrepido coraggio come si conviene a un avventuriero dell'epoca, conquistò la città di Granata occupata dagli arabi e la ricondusse al re di Spagna, Ferdinando il Cattolico, che gli diede qualche titolo e uno stemma con il moro incatenato e lo inviò viceré in Italia. Passa il tempo e i suoi discendenti siciliani, mi sa che nella sua movimentata vita ne generò parecchi un po' ovunque, diventano piccoli possidenti ad Aidone, al centro dell'isola, uno dei pochi posti in Sicilia dove può fare anche parecchio freddo.
Albero genealogico fino al 'nostro' Filippo
E qui, all'inizio dell'Ottocento, nasce Filippo, curioso, viaggiatore, ribelle, difensore -lui, piccolo latifondista- dei diritti dei contadini. A combattere le ingiustizie sociali in Sicilia mise a disposizione laurea e fervore e, a farla breve, divenne uno dei capipopolo della rivoluzione del 1848. Naturalmente, dotato di irriducibile sfrontatezza e direi pure alterigia intellettuale, fu uno dei pochissimi esclusi dall'amnistia quando l'ordine costituito tornò a regnare.
Filippo Cordova trascorse i dieci anni successivi a Torino, in mezzo a una comunità siciliana di esuli, fece un po' il giornalista e divenne anche buon amico di Cavour, che poi lo volle ministro nei suoi primi governi. Anche qui, il mio avo si distinse per 'malo carattere', litigò con Quintino Sella per via della tassa sul macino e altre amenità, fondò l'Istat. Insomma, il suo busto al Pincio se l'è guadagnato tutto. Ogni tanto lo vado a trovare lì, controllo se vandali e intemperie hanno voluto dire la loro, e ci chiacchiero del più e del meno.
Era un uomo abbastanza moderno, con idee condivisibili. Della sua vita privata non si sa nulla. Solo amici, possibilmente esuli/cospiratori siciliani o politici piemontesi, niente donne conosciute.
Mi chiedo talvolta cosa penserebbe del mondo di oggi, so che gli piacerebbe assai prendere un aereo o usare il telefonino. Chissà cosa avrebbe prodotto con il supporto di internet, lui che studiò inglese e francese nell'800 e tradusse 'Il paradiso perduto' di Milton tanto per passare il tempo. Lui che capì così presto l'importanza della statistica e in Sicilia introdusse la carta moneta per la prima volta.
E faccio supposizioni su cosa avrebbe potuto pensare dei giochi politici di adesso, se si sarebbe compiaciuto di tanta gente, diciamo del popolo, seduta in Parlamento a -più o meno- legiferare.
Sono certa che avrebbe adorato viaggiare in lungo e largo per il mondo. Se ne andò giovane appena laureato dallo sprofondo siciliano fino in Inghilterra e Francia, dove passò anche parecchi mesi, ma rifiutò di vivere all'estero.
E mi domando anche se fosse gay o forse innamorato di qualche signora già impegnata. Se il suo rigore lo abbia portato ad adorazioni da lontano o avesse una vena passionale che lo indusse, sebbene in segreto, invece a infrangere regole. Ho cercato di scoprirlo, ho setacciato i suoi scritti, ma no, l'uomo è rimasto privato della terza dimensione. Non aveva un blog, Filippo Cordova.
Sarebbe orgoglioso dei discendenti? Gli avrebbe fatto piacere sapere che ha un omonimo del Terzo millennio, un ragazzo alto e magro in equilibrio tra più continenti? O che un centinaio di anni e spicci dopo di lui ho seguito le sue tracce lasciate ad annoiarsi nel buio di parecchie biblioteche tra Roma, Torino, Aidone e Palermo? Riderebbe al suo busto come omaggio pretenzioso o si gonfierebbe di orgoglio? Se per magia la statua si animasse davanti a me quali sarebbero le prima parole che mi direbbe?
Pensieri oziosi e scaleni, ma legare i fili è comunque e sempre un piacere.