In vista della mia vacanza a Pechino ho provato a contattare l'ambasciatore italiano per una intervista e molto gentilmente l'ambasciatore Bradanini mi ha ricevuto. Questa la nostra chiacchierata in sede, pubblicata su Adnkronos. È un po' lunghetta e, ahimè, quasi tutta economica.
Pechino, 15 feb. (AdnKronos) (Cor/AdnKronos)*
L'ambasciata d’Italia a Pechino si trova in uno dei quartieri che ospitano le rappresentanze straniere: strade a perpendicolo con lunghe file di palazzi, generalmente di media grandezza, cancelli montati da coppie di guardie cinesi sull'attenti nonostante il freddo intenso. Nessuna di loro rivolge mai lo sguardo all'interno, che viene invece sorvegliato attraverso grandi specchi. I visitatori in uscita sono quindi attesi con altrettanta attenzione di quelli in entrata.
L'ambasciatore mi riceve puntuale. Alberto Bradanini, 65 anni, una passione per la Cina e l'oriente che si manifesta man mano che il colloquio va avanti. In conoscenza ed entusiasmo. A cominciare dai diritti umani per i quali invita a badare più alla sostanza che alla forma. Ma sono soprattutto le opportunità economiche, a cominciare dell'Expò, che offrono i rapporti bilaterali a essere al centro dell'intervista con l'Adnkronos.
“La crescita della Cina sta rallentando negli ultimi tempi. Che cosa cambia nel quadro economico?”.
"La Cina sta rallentando la sua espansione, ma attenzione a leggere bene i numeri: nel 2013 la sua economia è cresciuta del 7,6% e nel 2014 del 7,4%. Questo vale un terzo del pil italiano. Vuol dire che la Cina cresce in tre anni quanto l'Italia. Le prospettive del 2015, secondo il governo cinese, parlano di un 7,1 %. Nella più pessimistica delle ipotesi siamo comunque su un tasso di crescita del 6,5% annuo. Bisogna considerare che i fattori di produzione sono molto tesi e incrementi ulteriori di crescita sono molto difficili. Ma direi che una flessione della crescita è un elemento positivo perché il tasso di crescita non è equivalente alla creazione di vera ricchezza. Anzi, a volte addirittura la distorce”.
“Che cosa significa, in termini di vita reale, per la Cina?”
“Poiché il governo cinese è stato costretto ad accettare questi numeri al ribasso, si rivolgerà a soddisfare la domanda interna, al momento quasi ignorata. Infatti, finora la crescita della Cina si é basata molto su export e investimenti e molto poco sulla domanda interna, che può essere invece sfruttata e lo sarà sempre di più. Adesso il tasso di risparmio delle famiglie cinesi è intorno al 55 per cento, numeri di altri tempi per l'Occidente, abituato al welfare. Ma in Cina si sta cercando di assicurare maggiore protezione sociale, partendo dalle città, dall'impegno pubblico, dai dipendenti delle grandi aziende (anche private), per arrivare alle zone rurali, finora per forza di cose trascurate da questo punto di vista".
"E' un bacino immenso, circa 650 milioni di persone di potenziali consumatori -sottolinea l'Ambasciatore- i soldi che adesso i cinesi destinano al 'salvadanaio' in via precauzionale, con una maggiore copertura sociale potrebbero essere investiti in consumi. L'obiettivo di rafforzare la domanda interna è inevitabile per sfuggire al problema di sovrapproduzione che si è posto con la crisi economica europea. Non va dimenticato che l'Europa per la Cina è il primo mercato di export. La Cina è un Paese solido con un debito pubblico centrale molto basso, mentre quello consolidato dei governi locali è molto più alto, ma sempre contenuto rispetto agli standard europei. Inoltre dispone di riserve valutarie di oltre 4 mila miliardi di dollari, che corrispondono al doppio del pil italiano”.
“Quindi la vita in Cina sta cambiando?”
“La Cina è la fabbrica del mondo, grazie anche a un costo del lavoro molto basso. Restano sul campo numerose sfide, a cominciare da quella ambientale oppure quella relativa alla sicurezza sul lavoro. Vi è poi il fenomeno dell’accelerata urbanizzazione, con masse enormi di popolazione che ogni anno si trasferiscono dalle campagne alle città, ponendo non poche problematiche agli amministratori locali: questo è peraltro uno degli ambiti operativi in cui può esservi una fruttuosa collaborazione tra Italia e Cina".
“In questo quadro quali sono le opportunità di export per l'Italia in Cina?”.
“Il commercio bilaterale ci vede al momento perdenti, ma non solo a livello nazionale, dove abbiamo un deficit annuale di circa 15 miliardi; se pensiamo all’intera Unione Europea, il disavanzo commerciale ammonta a 150 miliardi. In generale, i prodotti europei e italiani restano troppo costosi per la maggioranza della popolazione cinese. Diverse, forse, le prospettive future: la classe media si sta rafforzando e allargando e, potendo disporre ormai di un potere d’acquisto comparabile a quello occidentale, sempre più si orienta verso i beni d’importazione. Il Made in Italy, attraverso i suoi brand più famosi (la proprietà dei quali - va però detto - in molti casi non è più italiana) fa profitto e registra trend in crescita. Il fenomeno ha comunque proporzioni limitate, considerando che le famose tre F (food, furniture and fashion) totalizzano non più del 15 per cento del nostro export verso la Cina”.
“E il resto?”.
“Il resto sono soprattutto macchinari e attrezzature, all'85 per cento. Noi esportiamo per circa 11 miliardi di euro prodotti afferenti alla meccanica avanzata e alla robotica. Anche guardando agli investimenti produttivi, si registra un forte disavanzo: a fronte di uno stock di circa 12-13 miliardi di investimenti italiani in Cina, i cinesi hanno investito da noi per non più di 2-3 miliardi. E’ anche vero che in questi ultimi 10 mesi il loro interesse per il nostro Paese appare crescente. In questo periodo i cinesi hanno acquisito forti partecipazioni nelle reti Snam e Terna, soprattutto per acquisire tecnologia. Poi Shanghai Electric ha investito in Ansaldo Energia. Inoltre, entità cinesi, tra cui la Banca Centrale, hanno investito oltre la soglia del 2 per cento in una lunga lista di aziende italiane come Eni, Enel, Fiat, Finmeccanica, Mediobanca e Telecom. Si tratta fondamentalmente di investimenti di borsa, che però implicano un giudizio positivo sulla nostra economia e sulle sue prospettive”.
“Questo è l'anno dell'Expo di Milano. Qual è la posizione della Cina rispetto a questo evento?”.
“L'Expo è una grande occasione. La Cina ha tre padiglioni, uno governativo, uno di una grande società di edilizia (la Vanke) e il China Corporate United Pavilion, che raccoglie un ampio numero di imprese. Durante l’Expo saranno il teatro di molteplici eventi e iniziative di sicuro richiamo sia per il pubblico internazionale che per i numerosi turisti cinesi che si recheranno a Milano per l’occasione. L'ambasciata e il governo stanno lavorando molto per promuovere il turismo in Italia. L’aspettativa è che i turisti cinesi che giungeranno a Milano decidano di prolungare il loro viaggio per visitare anche altre città italiane: dobbiamo però essere abili nel promuovere queste destinazioni nel contesto di un “Prodotto Italia”, evitando quelle azioni di marketing territoriale basate su eccessivi regionalismi e parcellizzazioni che non farebbero mai presa sul turista cinese".
“Con la sua esperienza nei rapporti bilaterali, cosa suggerisce per migliorare lo stato delle relazioni economiche tra Italia e Cina?
“Abbiamo avviato l'anno scorso un Business Forum Italia-Cina, una piattaforma dove si possano incontrare in modo informale gli imprenditori dei due paesi. Abbiamo individuato cinque aree di cooperazione prioritaria: urbanizzazione, sanità, agricoltura, ambiente, aviazione e aerospazio, settori dove anche il governo cinese vuole investire per una crescita più equilibrata. Per ognuno di essi abbiamo elaborato dei “pacchetti” documentali che illustrano alla parte cinese le opportunità esistenti, identificando anche una serie di operatori economici attivi in Cina (oppure interessati a questo mercato) che possono proporsi come partner agli interlocutori locali".
“Come?”.
“In tempi di globalizzazione dovremmo proporre alla Cina una prospettiva di integrazione strutturale tra le nostre due economie. Anche se sempre meno, restiamo tuttora complementari, abbiamo punti di forza e possiamo fornire tecnologie di eccellenza. Spetta a noi, governo e istituzioni, stimolare la parte cinese a dare attuazione a questi impegni volti a riequilibrare le asimmetrie di cui si è parlato".
“E rispetto alla politica estera?”.
"La politica estera cinese è, da sempre, particolarmente attenta al rapporto con i vicini asiatici, nonostante il persistere di alcuni contenziosi territoriali. Si registra inoltre un riavvicinamento strategico con l’economia russa, in parte favorito dalle recenti sanzioni europee introdotte a seguito della crisi ucraina, che hanno determinato una crescita degli scambi tra i due Paesi (ad. es. gas russo verso la Cina e derrate alimentari cinesi verso la Russia)".