mercoledì 10 giugno 2015

Festa di compleanno in missione




Latte e biscotti. I bambini che oggi hanno marcato visita all'infermeria della missione Cuori grandi oggi hanno avuto almeno questa bella sorpresa. Perché oggi, 10 giugno, l'infermeria compie un anno e Chiara, che ne è l'anima, non poteva non celebrare l'avvenimento con i piccoli visitatori. Tranne, ci tiene a precisare lei, quelli diabetici e i bebè  troppo piccoli per masticare. 


In un anno, mi pare, gli obiettivi raggiunti sono stati davvero parecchi. A parte la Telemedicina, che mi pare comunque un bel fiore all'occhiello, direi che il primo gol è l'autorevolezza. Ovvero, il fatto che l'infermeria è punto di riferimento per persone e villaggi anche lontani. Nonostante i modi talvolta un po' bruschi, Chiara conosce proprio bene il suo territorio. Sa come muoversi e suonare le corde giuste per raggiungere gli obiettivi. Insomma, pur senza parlare la lingua (o meglio, le lingue) riesce perfettamente a comunicare sul luogo. E non va tanto per il sottile se deve ottenere un risultato. Il suo bello é che conosce i nomi di tutti i bambini e i legami familiari e sociali tra le persone e le famiglie. Se deve far arrivare un messaggio o convocare qualcuno che ha marinato una visita, ha i suoi sistemi piuttosto efficaci di passa parola e messaggi più o meno sottintesi. 


Nel primo anniversario dell'infermeria si è presentato -non (ancora) sulle sue gambe- anche Prosper, che ha tre mesi e sta sulla bilancia per saggiare i progressi. Non poteva mancare. Perché lui è il primogenito dell'infermeria. Un destino da mascotte. Racconta Chiara che ha fatto lei il test di gravidanza alla mamma, hanno aspettato insieme l'emozione della risposta. Poi, i nove mesi trascorsi insieme a covare il pancione rassicurarsi che fosse tutto a posto ed ecco il risultato. “È' il mio preferito”, assicura Chiara. Salvo che, mi pare di capire, per lei sono tutti preferiti. Per esempio, questi qui nella foto sono Isaie, Kossi, Lelepo, Merveille e Adjitola. Ecco, Maria o Antonio direi che sono nomi più semplici da ricordare. 


Ho scritto queste righe un po' in fretta, per pubblicarle proprio il giorno dell'anniversario. Chiedo perdono delle sbavature. 

martedì 9 giugno 2015

Vacanze romane



Andare in giro in scooter, stendendo Roma davanti a occhi nuovi e diversi. Civettare con gli angoli sapendo di sorprendere alla svolta. E che le luci gialle di notte stendono il velo bonario su rughe e altre sfattezze di questa città. Vacanze romane, per una romana irriducibile suo malgrado. Epperò, tra buche e meraviglie, io volevo Gregori Peck con me. Certo, non sono Audrey Hepburn, ma Laura, la mia visitatrice danese a Gregory assomiglia moooolto meno di quanto io non sia Audrey. Anche i ruoli sono scambiati. Insomma, restano solo le due ruote e Roma. E, no, alla Garbatella come Nanni non l'ho portata. Ma, vinto il terrore controllato di ogni non autoctono a salire sul motorino con me, poi le passeggiate hanno avuto maggior successo che essere immobilizzate nel traffico inscatolato.
Dovunque siamo state, tuttavia, a parte i posti nei quali approfitto di entrature, ho ritrovato la sciatteria e l'uso a trattare i visitatori come se non ci fosse un domani. Nessuna cultura dell'accoglienza, l'orgoglio cittadino di dare un buon servizio e pennellare il ricordo della città con cortesia e affabilità. La differenza tra spennare l'ospite e rispettarlo. Laura mi ha raccontato di negozi in centro dove è stata ignorata, oggetto di commenti, messa a disagio, invitata tramite onde telepatiche ad andarsene. E poi, prezzi grassi, servizio anoressico.


   

Nicchia smagliante, la passeggiata notturna ai Fori imperiali. Nessuno può immaginare quanto io abbia detestato la chiusura dei Fori alle ruote. A prescindere. Mai la uso, o la usavo, ma l'ho trovata una soperchieria inutile. E tuttavia. Eccomi lì di notte con la mia cuffia audio in testa, ad ascoltare la storia di Roma tra Augusto e Cesare, costretta a rinfoderare critiche e sarcasmo. Le luci sciolgono il buio sulle rovine e insieme alle voci restituiscono vita agli antichi fasti. Marmi e pitture si intrecciano a uomini e fatti senza pedanterie. A parte i (brevissimi) pistolotti finali un po' retorici, il racconto è seducente, linguaggio adatto a tutte le orecchie. E pure se 'sta storia romana noi l'abbiamo nel sangue, non annoia. Certo, le luci fanno la parte del leone. Lo spettacolo sarebbe eccezionale anche da muto. E l'assenza di traffico, ammetto, non sbaglia. 



  

lunedì 8 giugno 2015

La tripletta di Amakpapè


La natalità in Togo è assai alta. I bambini scorrazzano ovunque e l'età media è bassa bassa, metà della popolazione è sotto i 18 anni, quasi tre milioni di ragazzi a briglia più o meno sciolta. Per quanto riguarda i nomi, fantasia e assoluta inerzia sembrano ingredienti saporiti nella scelta. C'è una pletora di Gesù, qualche Dio (pretenzioso o predestinato, non sappiamo...), Profeti non banali a dimostrare che la cultura religiosa è talvolta perfino raffinata, altri protagonisti delle scritture. E poi, a contrappasso, una c'è una vasta parte della popolazione che si chiama 'nata o nato di martedì' o di giovedì. O altro il giorno della settimana. Ci sono addirittura gruppi musicali che raggruppano i 'nati di giovedì' o di sabato o via cantando (appunto). Con qualche screziatura surreale: possibile che due gemelli si chiamino uno Nato di martedì e uno Nato di sabato?  Possibile. Me li hanno presentati. Non sono questi qui sotto, però. 


E a proposito di gemelli, mi raccontano che ad Amakpapè è nata a metà febbraio una tripletta. Adesso i bimbi hanno quasi 4 mesi, il peso della più piccola è 4,880 kg, mentre il più grande ha raggiunto i 5,675 kg. Eccezionali già di loro, almeno si chiamano con nomi normali: Jean Pierre e Jean Paul i maschi, Jedide la bambina. I tre sono in perfetta salute. Alla infermeria di Cuori grandi, quindi, non vanno per medicine e visite, ma perché  i genitori sotto 'shock economico'. E la mamma, latte per tre più volte al giorno non ne ha. La famiglia si è espansa oltre l'immaginazione e di certo non nuota nell'oro. Quindi l'aiuto della missione materializza latte in polvere e qualche vestito. “E' la terza "tripletta" di cui ci prendiamo cura, la prima a nascere proprio nel nostro villaggio (le prime due provengono rispettivamente da Odjofradjoba e Glei) -osserva Chiara Razzi Di Nunzio, l'infermiera che mi riversa pezzetti di vita di Amakpapè- Non dev'essere facile per una coppia di giovani genitori passare dall'avere un solo figlio all'averne quattro, di cui tre neonati”. 
Storia piccola piccola, e nemmeno di telemedicina, ma i bimbi sono carini, nelle foto ci sono un sacco di sorrisi e mi pare che la vitalità metta allegria. Una storia semplice di villaggio.