mercoledì 3 dicembre 2014

Le ruote di Roma



Una nuova frontiera è stata abbattuta: ho preso una macchina Enjoy.  Non è uno spot, lo giuro, ma una riflessione su come e quanto sia cambiato il modo di spostarsi a Roma su due o più ruote. Ormai in città se ne vedono parecchie. Io mi sono iscritta da mesi ed era tempo che volevo mettere alla prova l'iniziativa. La trafila è stata molto semplice, anti stress. Si va con la app e si sblocca la macchina. La mia poi era parcheggiata proprio sotto casa, addirittura più vicina di dove piazzo il motorino. Le chiavi le trovi dentro. Quando è il momento di restituirla sul display appaiono il tempo usato e i kilometri fatti. Insomma, una ottima alternativa al taxi, che è più costoso e spesso farcito di chiacchiere non richieste e opinioni non condivisibili. 
Sia come sia, mi sono sentita molto 'moderna' e ho trovato divertente la possibilità di raggiungere un posto e poi, volendo, proseguire diversamente. E poi, una scappatoia -più mentale che reale nel mio caso-  per gli scooteristi nei giorni di pioggia. 
Ma nella ricerca continua della soluzione magica al trasporto romano ho notato un'altra new entry. 
Le tre ruote. Del revival delle Api Piaggio si sa ormai da qualche anno. Le usano gli adulti, più che i ragazzini dipendenti dall'ultimo modello di macchinetta. Alcuni ne hanno fatto l'alternativa alla Smart. Altri la trattano come un negozio, una bancarella, un bar, una pubblicità ambulante. Conoscevo uno che l'aveva arredata all'araba. Con sedili di tappeto e altri sapori esotici. Troppo bella, gliel'hanno rubata in men che non si dica. 
E sulle tre ruote, a quanto pare, punta anche l'evoluzione della specie taxi. I tuk tuk a Colombo, in Sri Lanka, sono il mezzo di trasporto pubblico e privato più comune. Ne ho già parlato (Tuktuking in Colombo, luglio 2014). Ma a Roma mai li avevo visti. Invece pochi giorni fa, eccone una piccola schiera turchese raggruppata sotto il milite ignoto a piazza Venezia. Purtroppo nei giorni seguenti sono scomparsi, come se avessi avvistato un branco di unicorni. Colpa del brutto tempo? Riappariranno? Chissà. 
Un discorso a parte meritano i ciclisti. Insopportabili, i ciclisti. Non me ne vogliano gli amici pedalatori,  ma è rarissimo incontrare una bici che abbia un comportamento appena congruo alle basilari regole non dico del codice stradale ma della convivenza civile. Il che, in sé non sarebbe un grosso problema, senonché questo tipo di stare nel mondo delle ruote provoca molti spaventi agli altri abitanti alla guida. Il ciclista ti sbuca arrogante contromano, serafico nel suo credersi alternativo ed ecologico. Non ha fretta, beato lui. Non deve sudare, pena la perdita di immagine. Il suo fluire non prevede il rispetto dei semafori, né altre quisquilie del genere. Il dialogo stradale non lo interessa, sono gli altri che devono prevederne movenze e ispirazioni. Insomma, li incontriamo tutti, no? E poi, se la imprevedibile rotta di collisione arriva a termine, di chi è la colpa? Sempre di chi ha il motore, anche se ha fatto tutto giusto. 

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