venerdì 29 luglio 2016
La banca delle parrucche
mercoledì 27 luglio 2016
Formiche e delfini
La Formica grande consta anche di faro (in disuso), bello bianco smagliante che svetta tra l'abbandono più assoluto di sterpaglie e guano. L'isola è disabitata, gabbiani a prescindere, ma offe riparo alle barche quando soffia scirocco e l'aria è pesante. Durante il week end non mi è mai capitato, troppo traffico
evidentemente.
Invece in settimana mi è successo di incrociare una banda di delfini, a rimorchio di un peschereccio. Erano quattro, forse una famigliola o forse solo amici in cerca di avventure e di un buon pasto imbandito senza fatica. Comunque, sarò sincera, incontrare i delfini, qualunque cosa stessero facendo, mette allegria. Dopo averli avvistati, ma aspetti con ansia sorridente la prossima pinna affiorare, speri nel carpiato, cerchi di adocchiare il muso. E, naturalmente, cerchi di cogliere l'attimo con una foto. Devo dire che prima di decidermi a prendere il telefono per scattare ho aspettato di godermi lo spettacolo. Il blu del mare profondo, le increspature, il grigio dei dorsi è un insieme che sprizza ottimismo e vita. L'ho assaporato di gusto.
mercoledì 20 luglio 2016
La mia cotta per Banksy
La parola giusta è 'ammirazione'. E la reazione seguente: “come vorrei conoscerlo!”. Sono andata alla mostra di Banksy a Palazzo Cipolla e sono stata completamente irretita da lui e dal suo modo di interpretare la vita e trasfigurare le denunce. Qualcosa avevo già visto, qualcosa letto, di sicuro ero già predisposta. Ma leggere delle sue gesta in giro per il mondo, tra musei garbatamente violati, scherzi di qualità, installazioni di spessore mi ha proprio entusiasmato.
L'approccio giocoso non è mai scontato -a parte forse quei bambini con il palloncino a forma di cuore che mi sarei risparmiata- la capacità di dare leggerezza pesantissima alla politica. Con un disegno, uno stencil, Banksy ti mette davanti gli orrori e le ingiustizie del mondo, un po' ridicolizzando chi si prende troppo sul serio, un po' stravolgendo completamente i luoghi comuni. Obbliga gli occhi a vedere la sintesi. Faccio un esempio. C'è, proprio all'inizio del percorso, un quadro (vabbè si chiamerà quadro? Forse) con degli africani in costume tradizionale da savana nell'atto di scagliare le loro lance contro dei carrelli supermercato vuoti. Bello anche lo stereotipo del manifestante violento nell'atto di lanciare, però, un mazzo di fiori. Altre cose che mi hanno colpito le metto qui, che io sono critica sempre per natura, ma non sono una critica d'arte e ognuno poi ci legge quello che vuole.
Però, nella mostra c'è anche il racconto, in pillole, della vita di Banksy e la sua capacità di farne una avventura di valore. Direi che è sicuramente l'artista contemporaneo che sento più vicino con la sua capacità di avvistare e mescolare amore e odio, pace e guerra, ricchi e poveri, distillando contraddizioni in termini con una ironia che sconfina nel sarcasmo. Decisamente non banale per combattere i mali dell'umanità. In parte guastatore, in parte vietcong metropolitano, ho passato con lui del tempo di qualità. Dimmi poco, di questi tempi.
domenica 17 luglio 2016
Serata Boss
Nel salire della sera Roma si è impegnata parecchio. Le rovine del Palatino hanno cambiato colore a mano a mano, si vedeva l'angelo di Castel Sant'Angelo in fondo, dietro la musica, poi è rimasta solo una lucina. I pini sono diventati neri, il cielo viola e per un po' sul concerto ha stazionato una nuvola rosa sfrangiata. Noi siamo stati sul pratone, un po' distanti ma c'erano maxischermi a rincorrersi e Springsteen l'abbiamo visto in dettaglio. Unica distrazione, la necessità costante di tenersi aggrappati alla costa un po' ripidella, puntando i piedi e cercando di scavare sedili precari. A lungo andare anche quella leggera giannetta che proprio ieri ha deciso di visitare Roma, dopo settimane di latitanza afosa.
Per il resto, magia. A vederlo dall'alto la maggior parte del pubblico prolunga o sostituisce gli occhi con gli schermi dei telefoni. Ho provato a guardare se fosse solo per un piccolo video o una foto, ma no, quelle luci erano fisse. Ma quanta batteria hanno, che il mio si scarica che è una bellezza? Però c'era anche chi si godeva l'attimo. Sventolando cuori rossi gigante, o cartelli con titoli di canzoni on domand o dichiarazioni di amore, tipo “Can I give you a hug?". Alle canzoni più famose, come da bon ton concertistico, tutti in piedi, ad agitare le braccia e a cantare. Bel clima, gente di età e nazionalità varia. La birra circolava, ma senza prendere la mano. Servizio d'ordine come si conviene, gentilmente fermo, mai aggressivo. Andando via, ho visto le squadre degli incaricati delle pulizie scalpitare, pronti a far sparire nella notte le montagne di rifiuti. Magari li ingaggiasse Virginia Raggi.
venerdì 15 luglio 2016
Libertè, egalité, fraternitè
mercoledì 13 luglio 2016
Tutti i terrorismi del mondo
lunedì 11 luglio 2016
Venticinque e non sentirli
Sono stata alla festa per i 25 anni di matrimonio di Letizia e Vittorio. Deve essere periodo perché la settimana scorsa ho partecipato ad un altro bellissimo venticinquesimo sul Po. Ma Lelio e Lucia li conosco meno. Letizia invece è mia amica da sempre ed è stato perfino emozionate vedere questa famigliona riunirsi sotto gli alberi della casa di tutti. Una schiera di fratelli e sorelle da entrambe le parti. Ero parecchio orgogliosa del fatto che sono stati invitati solo due amici di Vittorio e due amiche di Letizia e una ero proprio io.
Sono partita da Capalbio e ho attraversato mezza Italia in orizzontale. Il che, lo sanno tutti, presenta parecchi ostacoli di viabilità. Ma alla fine con la mia macchinetta nuova mi sono goduta la strada all'andata e molto di più al ritorno, che non avevo lo stress (inevitabile nel mio caso) di arrivare in tempo.
Prima tappa, il convento dei Cappuccini dove i due si sono sposati, il 9 luglio di, appunto, 25 anni fa. Una chiesetta raccolta, alla fine di una strada in salita nel verde fino al convento. Molto carino vederli celebrati nei sorrisi e nell'affetto. Letizia con il bianco, come si conviene alla sposa. E la stessa foto, loro due di spalle che si incamminano, racconta del tempo passato, dei figli già grandi, di altri progetti. Un giro di boa, che è bello veder sottolineare con allegria e l'energia di guardarsi negli occhi per proseguire.
Ai tavoli sparpagliati sotto i tigli, tutti si mescolavano con la naturalezza di chi si conosce da (almeno) 25 anni. Un pranzo da film. Le tovaglie con le papere patchwork che la mamma di Letizia ha fatto cucire tanti anni fa e delle quali racconta orgogliosa. Come della genesi della casa, all'inizio poco compresa e poi diventata richiamo per tutta la famiglia. Storie e storie che si intrecciano. Ricordi che si ravvivano. La torta che suggella. L'ironia che fa da cemento.
Tornando, mi sono fatta due conti: anche sposandomi domani e tralasciando il dettaglio che veramente non saprei con chi, il traguardo dei 25 anni di matrimonio non lo raggiungerei proprio in età decente. Anzi, nemmeno sommando i miei due matrimoni naufragati arrivo a 25 anni. Il solito difetto dell'impazienza.
giovedì 7 luglio 2016
Il cuore di Emmanuel
L'assassinio di Emmanuel Chidi Namdi sta suscitando, a ragione, uno sdegno per una volta traversale e (quasi) unanime. La violenza insensata contro un giovane nigeriano, già sfuggito alle persecuzioni di Boko Haram, ucciso perché difendeva la moglie da insulti razzisti, lascia di stucco. Il suo omicidio, però, si inserisce perfettamente in una cornice di odio diffuso, di toni rabbiosi, di caccia a streghe e/o untori che nulla ha di razionale e che viene alimentato giorno dopo giorno. Soffiare sul fuoco delle paure e delle incertezze alimentando incendi di xenofobia e razzismo è scellerato e molto pericoloso. Queste posizioni forse nell'immediato “fruttano” qualche voto in più, ma hanno un prezzo umano, sociale e politico altissimo. Imbarbarire il clima ci condanna a un nuovo Medioevo, oscurantista e ripiegato, non risolve il problema, semplicemente lo rende spauracchio e allontana la soluzione. La risposta al razzismo deve essere granitica. La condanna pensante e senza sconti. Questo va da sè. Però non basta. Bisogna lavorare sulle mentalità, ribaltare i pregiudizi e e trasformarli in ascolto. Il che non significa braccia aperte incondizionatamente. Certamente, però, intanto lasciamo le pistole -vere e ideologiche- nelle fondine, anzi chiudiamole proprio a chiave in qualche cassaforte remota. Tanto, se ne facciano tutti una ragione, la storia non si ferma e nemmeno l'ondata di migrazioni mondiali. Perciò, facciamo un bel salto in avanti e dal Medioevo andiamocene direttamente nell'illuminismo. Un esempio alto in questo senso viene proprio dalla compagna di Emmanuel, Chimlary, che ha deciso di donare gli organi del suo uomo. Qualcuno, bianco o nero, chissà forse anche razzista, vivrà per mezzo di Emmanuel. Un gesto che è una risposta di pace. E che meriterebbe rapido contagio.
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