Scolari, apprendisti, operai: ovvero opportunità sociali in Togo. Farsi largo un po' non è semplice, tra le capanne di fango compresso. Ai giovani si aprono vie faticose e impervie.
Chi vuole smettere di studiare per imparare un mestiere, esclusa la scuola professionale che è molto cara, può scegliere la strada dell'apprendistato. Che in Togo assume quasi la faccia di una schiavitù minorile.
Aspiranti parrucchieri, falegnami, sarti e via discorrendo di artigiani vari, si mettono a servizio e pagano pure. Si tratta di due o tre anni, in genere si comincia verso i 13. L'impegno economico è notevole e la vita, guarda un po', assai dura. I datori di lavoro dopo pochissimo raccolgono frutti a tempo pieno dagli apprendisti e guadagnano sia del loro prodotto sia delle 'rette' percepite. Bella la vita...
E ci vogliono parecchi soldi anche per andare a scuola. A parte un piccolo contributo, solo le elementari sono gratuite. Per il resto tutte le scuole si pagano, pubbliche e private. La scuola privata elementare costa circa 25mila cfa l'anno, più o meno 40 euro. Libri, quaderni e altri accessori esclusi. Non è un caso, quindi, che alcune case nei villaggi abbiano le lavagne sulla parete esterna, in modo da fare esercizi, compiti a casa e qualche lezione all'aperto. La lavagna sostituisce dunque spesso il quaderno. Più e più volte riutilizzabile. La scuola della missione di Amakpapè, quella che è stata inaugurata durante il nostro soggiorno, ne chiede 5mila, meno di dieci euro.
L'anno scolastico, come in Italia, va da settembre a fine giugno. Però le classi sono appena un po' più numerose, se va male fino a 120 alunni. Il governo aveva messo un tetto a 55 bambini, ma poi è stato costretto a una precipitosa retromarcia perché non hanno abbastanza scuole e aule e quindi l'ha rialzata fino a 70. Questa è la legge e poi fanno come vogliono. Nelle scuole pubbliche, mi dice la mia fonte che è suor Patrizia, vulcanica missionaria di cui parlerò a parte, ci possono essere quattro insegnanti per 800 bambini. Poi ci sono gli insegnanti volontari che vanno pagati con i contributi dei genitori. Insomma, una bella confusione che ha portato gli insegnanti a protestare e a beccarsi la qualifica di categoria rivoluzionaria e litigiosa. Nona caso, le scuole sono star chiuse oltre un mese prima delle elezioni (25 aprile) e fino al 4 maggio.
Tra le 'pretese', gli insegnanti vorrebbero alzato il salario da 32 mila cfa al mese circa 50 euro ad almeno a 60 mila, stipendio medio nei vicini Benin e Ghana.
Curiosità: i maschi pagano rette scolastiche maggiori delle femmine. Il che mi induce a riflettere: così mandano a scuola più le femmine che i maschi o per pagare la retta del pargolo le ragazze vanno direttamente a zappare la terra? Temo la risposta. Ma suor Patrizia mi dice che, comunque, le femmine sono più brave mediamente.
Il governo prevede in ogni caso che i meritevoli, quelli che hanno superato il collo della bottiglia siano almeno un po' facilitati. Quindi, l'università, se ci arrivi, costa meno del liceo e, se sei in corso e gli esami vanno bene, il governo ti rende i soldi della retta. Creare classe dirigente.
Categoria a parte, gli operai. Salario medio, due euro al giorno. E poiché qui si considera la soglia di povertà a 1.50 euro al giorno, non c'è da scialare, no, ma insomma pare si possa vivere. Dice. Sta di fatto che gli operai della missione vengono pagati ogni 15 giorni, di sabato, ma talvolta vengono a chiedere anticipi sullo stipendio futuro già il martedì seguente alla paga.
Non saprei davvero se imputare l'inconveniente alla mancanza di pianificazione, una banale sindrome da lucignolo che porta a sperperare - e metterei 'sperperare' tra sacrosante virgolette- tutto in men che si dica, oppure all'impossibilità di tenere dietro ai tempi con quei due soldi. Più la seconda? Posso però garantire che i ragazzi, perché di tutti ragazzi o ragazzoni si tratta, lavorano dalla mattina presto al tramonto. E certe notti, anche di notte. Con suor Patrizia a fare luce con i fari della macchina. Per due euro.