giovedì 12 ottobre 2017

Musulmani di Londra in corteo


Qualified freedom of movement is the best way to protect jobs and growth in London and across the UK.
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In questi giorni il sindaco di Londra Sadiq Kahn sta portando avanti una campagna più impegnata del solito a favore della libertà di movimento delle persone, soprattutto di qualità,  come opportunità di crescita generale. Vedo spesso suoi post su Facebook e opinioni su Twitter. E questo mi fa ripensare alla manifestazione alla quale mi è capitato di assistere, e in un certo modo di partecipare,  un paio di settimane fa in Regent street, in pieno centro a Londra, una domenica pomeriggio. Manifestazione peculiare assai, per chi vive in Italia, anche a Roma, tanto che all'inizio stentavo a comprenderne il senso e mi sono anche un po' spaventata. 




Partendo da lontano il colpo d'occhio sventolava di bandiere verdi e d'oro, molto, moltissimo nero, negli abiti e nei vessilli. Canti ritmati da tamburi, avvicinandosi l'impronta musulmana si definiva chiaramente negli abiti e nel linguaggio. Oddio, siamo capitate in un covo semovente di facinorosi dell'Isis? In pieno centro di Londra? Senza uno straccio di polizia alle viste? Guardando meglio, e cercando di raffreddare il sangue nelle vene, possibile mai che possa succedere una cosa del genere, santo cielo? Mi accorgo di trovarmi in mezzo a una specie di family day in stile musulmano. I partecipanti a questo corteo sono uomini, donne, bambini, carrozzine, passeggini. Ragazzini sulle spalle dei padri, gruppi di giovani donne ben truccate e acconciate, occhiali da sole alla moda con i loro abiti neri. Proprio come si esce la domenica pomeriggio. Ci sono pop corn e cibi tradizionali arabi. Ci sono persone che sorridono e ringraziano se faccio loro delle foto e porgono volantini. Grazie per diffondere la nostra posizione”, dicono, spiegando che sono siriani non violenti e contrari all'Isis e scendono in piazza affinché il mondo sappia che esistono anche loro e che c'è una grande parte di quella comunità che si dissocia profondamente dalla violenza e dal terrorismo. Che l'Islam, in poche parole, non è il camion che ti viene addosso, non è il mitra al concerto, non il coltello traditore.



Sono famiglie. Certo, sono tutti vestiti di nero e un pochino la sensazione che ci possa essere un “bum” dietro l'angolo io non sono riuscita scrollarmela del tutto di dosso. Però loro erano lì, avevano un servizio d'ordine autorganizzato e, almeno apparentemente, polizia inglese non ce n'era. In mezzo alla gente un furgone aperto con una specie di complesso ( tutti uomini perché vabbè pacifisti, vabbè vivere a Londra, vabbè integrarsi, ma fino a un certo punto) che cantava a squarciagola con microfoni declinando su base musicale registrata il temutissimo Allah akbar (o come diavolo si scrive). In chiave gentile.



Ai lati della manifestazione, oltre ai venditori di cibo, gadget e bandiere come in ogni corteo che si rispetti in ogni parte del mondo,  parecchi occidentali distribuiti  in diversi gradi di stato d'animo, dal solidale rilassato all'irrigidito dentro ai negozi, all'innervosito per la perdita di tempo prezioso nello shopping domenicale. 
Impossibile immaginare un evento del genere in italia, direi. Qualcuno ne ha mai sentito parlare o vi ha assistito? Nel volantino distribuito, gli organizzatori della manifestazione insistono solamente sui principi dell'Islam inteso come religione basata sull'amore e sull'aiuto del prossimo. Non spendono una sola parola contro nessuno. Cercano di spiegare i fondamenti e i precetti della loro religione. E alla fine chiedono perfino con impassibile cortesia di buttare il volantino nel cestino e non per terra e si scusano se hanno provocato disagio a qualcuno. Very British.


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