giovedì 2 giugno 2016

Il 2 giugno delle donne



E' il 2 giugno e io per ragioni personali sono stanca e preoccupata. Però il ragionamento quest'anno va fatto più che mai. 70 anni fa, la scelta della Repubblica. La Costituzione. Il primo voto delle donne. Sofferto e conquistato. Un passo dietro l'altro, le donne hanno mosso verso la libertà, l'affermazione di se stesse come persone e nella società. La libertà di gestire il proprio patrimonio senza la tutela del marito o chi per lui, quella di rifiutare lo stupratore come sposo, quella di divorziare (chissà perché la considero una conquista femminile), quella di abortire. E poi di convivere e vivere da sole. Lavorare no, non lo ritengo un passo avanti perché le donne hanno sempre lavorato duro, sempre. Ora sono perfino pagate e ricoprono talvolta ruoli, ma no, non ci siamo a parità. Celebriamo l'8 marzo come l'incompiuta.
 C'è una bella mostra a Montecitorio sulle donne e la Costituzione, un modo per ricordare il contributo femminile, oscuro, difficile, ostacolato, al Paese che siamo. Lì si vede quanto coraggio e quanta forza d'animo hanno sempre avuto le donne. Spicca l'angolino dove la storia le ha relegate finora. Si può essere protagoniste dietro le quinte.


Però non è quello che voglio dire. Voglio banalmente parlare delle donne picchiate, segregate, violentate, rese schiave, terrorizzate, uccise. Sono 55 dall'inizio dell'anno. O forse sono già 56 o 57 con la ragazza trovata impiccata a Milano e la donna che ha bevuto la candeggina imbottigliata dal 'fidanzato' apposta per lei. E' un orrore atavico, sopraffazione cieca e supremazia fisicamente brutale. Ce n'era meno bisogno prima, quando le donne erano tenute prigioniere dalle scritture della società  e comunque, se venivano maltrattate, nemmeno valeva la pena di parlarne. Ero al pronto soccorso ieri e parlavo con alcuni degli equipaggi delle ambulanze. Uno di loro, un ragazzo giovane, mi ha detto: “adesso sì che c'è attenzione alle botte che prendono le donne. Tutti gli operatori 
,adesso che se parla davvero, consigliano alle donne malmenate di denunciare, di usare le leggi per sopravvivere. Sulla carta i medici devono denunciare solo oltre  20 giorni di prognosi, ma ora si tende ad approfondire i casi sospetti comunque”. Il che significa che fino a poco tempo fa non accadeva. Mi chiedo se non sia ora di parlare non solo ai maschi, ma alle loro madri. 
Mamme di maschi, rendeteli uomini. Fate in modo che considerino la violenza una debolezza e la gentilezza una forza. Fate che non ricevano privilegi indebiti che si abitueranno a considerare dovuti. Fate che imparino a parlare oltre l'alfabeto e ad ascoltare i bisogni oltre che le parole. Insegnate rispetto, non sorridete compiaciute alle sbrasate, non usate il doppio peso nell'educazione, perché i maschi crederanno facilmente alla lusinga, chi non lo farebbe?  


Discutiamo tanto di Costituzione e legge elettorale e ci infervoriamo sul decimale di pil. Benissimo, certo, ci sta. Però, di grazia, cominciamo a lavorare anche sulla struttura mentale e morale della società? Oggi espongo sul mio balcone una sciarpa rossa per #Saranonsarà. Retorica? No, non lo è. È partecipazione, mobilitazione, è -spero- l'inizio dell'ostracismo sociale per chi uccide le donne. 

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