lunedì 20 giugno 2016

Due riflessioni due sui ballottaggi





Un paio di riflessioni sui ballottaggi voglio farle pure io. 
Sarà arrivato il messaggio a Matteo Renzi? Certo è molto chiaro: per quanto vuoi incartare le bugie, infiocchettarle con iperboli e inaugurazioni, gli elettori ti sgamano e ti bastonano. Perché loro, quegli zero virgola di crescita e di salari, quei posti di lavoro barcollanti e quelle cricche toscane a zero titoli non li reggono, visto che ci combattono ogni giorno.  Prendere le distanze dal voto “locale ” nemmeno è servito. La sberla c'è ed è tutta di Renzi più che dei candidati sconfitti. Ai quali, diciamocelo, nessuno dà colpa. Le percentuali poi raccontano di uno scollamento tra il pd e i cittadini parecchio grave. La vittoria di Virginia Raggi è sconfinata, la sconfitta secca di Piero Fassino a Torino imprevista (ma come fai il lavoro sul territorio, santo cielo!) e senza margini di consolazione. A Milano Beppe Sala ce l'ha fatta per un soffio. A Napoli il PD era fuori già da due settimane. Insomma, diciamocelo, l'arroganza priva di contenuti non piace. Credo che adesso il premier-segretario adesso dovrebbe fare un esame di coscienza, e magari lasciare il doppio incarico, evitando di usare il lanciafiamme contro la minoranza interna, rea solo di essere stata grillo parlante. La parola Grillo forse non piace, neanche declinata al minuscolo. Chissà se Renzi ha capito che i ciaone irritano, che le prove di forza per piazzare i suoi in tutti i posti disponibili e non, non giovano all'immagine e richiamano alla servitù, che il fango gettato sugli avversari o i dissidenti torna con il ventilatore. Per quanto voglia minimizzarli, questi risultati peseranno anche sul suo prestigio internazionale. Il suo 40 per cento delle europee sbandierato con sferzante sussiego che fine ha fatto? Che dirà adesso a Angela, Barack o Jean Claude? A giudicare dalle dichiarazioni involute di oggi che includono lasagne della nonna e cose così, non tanto politiche e un filo bersaniane, nella testa del premier ci sono lavori in corso.

 L'altra cosa è che il movimento 5stelle non fa più paura. Separato il suo destino dal grillismo becero originario, educato alla politica da qualche anno di anzianità, il M5S è riuscito ad attrarre a sé scontento, insofferenza, rabbia e delusione. La famosa protesta, insomma. I volti proposti sono giovani e in molti casi vagamente naïf, i programmi non sempre perle di concretezza, ma nelle urne sulla proposta politica vera e propria ha prevalso la volontà di cambiamento radicale dei cittadini. Forse suo malgrado, adesso il Movimento dovrà crescere e mettersi alla prova del governo. Vedremo nel tempo se Virginia Raggi e Chiara Appendino sapranno reggere il ruolo impegnativo che il voto ha assegnato loro. Si tratterà di mostrare competenza, capacità di mediazione, prontezza di soluzioni. Soprattutto a Roma, dove il nuovo sindaco troverà problemi, e probabilmente resistenze, a bizzeffe. Il Paese le guarderà. Se faranno bene e adotteranno comportamenti da forza di governo avranno consegnato il Movimento all'età adulta e l'Italia sarà tripolare sul serio. Bastera qualche mese per capirlo. Gli elettori hanno dato fiducia agli eredi di Grillo che si è tenuto fuori dalla campagna elettorale. È stata una mossa lungimirante. Vedremo se è un inizio. O l'inizio della fine. 

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