Sono passati un po' di giorni dalludienza di Papa Francesco ai giornalisti, quindi tutti sanno tutto e anche le interpretazioni, vere e presunte, dell'evento. Io sono stata molto contenta di esserci, nonostante un incrollabile approccio laico alla vita. Sicuramente l'effetto che fa questo Papa é ispirare quantomeno curiosità e attenzione. Con i suoi predecessori avrei con ogni probabilità declinato l'invito gentile del presidente dell'Ordine, ma in questo caso no. Certo, il Papa l'ho visto solo da lontano, ma non con il binocolo, anche perché non ho fatto la lunghissima fila per stringergli la mano e avere nella foto di rito il mio momento di gloria. Peccato, in un certo senso, la mia solita impazienza mixata con inclinazione a vivere in regia piuttosto che sul palcoscenico. Però mi sono fatta la foto con la guardia svizzera come una turista qualunque.
Comunque, la mattinata é stata interessantissima. Cominciata con il piacere di incontrare un bel po' di colleghi, grazie ai quali aspettare per i super controlli di sicurezza é stato un momento di chiacchiere e aggiornamenti. Quasi un revival di molte epoche sovrapposte della sala stampa di Montecitorio. Poi si sale lo scalone fino alla sala delle udienze. Tutto molto simile al Quirinale, solo che al posto dei corazzieri trovi le guardie svizzere.
La sala era gremita a posti in piedi, un composto overbooking, nel quale nessuno ha protestato e nemmeno sbuffato. Tutti più cortesi e accomodanti in Vaticano. Quando è arrivato il Papa, sono scattati in piedi tutti i telefoni, foto e video a prolungare le braccia. Già lo fanno tutti anche in ogni non occasione, come fosse una prova dell'esistenza in vita, figuriamoci una concentrazione di giornalisti. Tentazione non resistibile.
Francesco fa il suo discorso, una specie di concentrato dell'etica del giornalismo, suona quasi banale, ma poi, a leggere le cronache del giorno dopo, capisci che in alcuni casi sono state parole al vento e che certa forma mentis non la cacci in nessun modo. Ma vabbè, questa è un'altra storia.
Prima il saluto di Enzo Iacopino che ci ha tenuto, tra l'altro, a sottolineare come i colleghi presenti fossero una mescolanza di fedi (e non fedi, dico) e che questo mestiere per certi di noi vuole anche dire pericolo e vite quotidiane distorte in difesa e in nome della libertà e delle schiene dritte. Il nome di Giancarlo Siani per tutti. Poi ha parlato Francesco. “Fate la prima bozza della storia, siete elemento portante della società. Quando potete, fermatevi a riflettere anche se non è facile”. E le direttrici sulle quali dovrebbe svolgersi questo mestiere: verità, professionalità, rispetto. Tre comandamenti, in sintesi. Pare ovvio, ma poi tanto ovvio non è. “Amate la verità -dice Francesco- la questione non è essere o non essere un credente, ma essere onesti con se stessi e con gli altri. Non sempre è facile arrivare alla verità. Non è tutto bianco o nero, nemmeno nel giornalismo. È difficile talvolta distinguere in modo chiaro chi ha torto e chi ha ragione. Arrivate almeno il più vicino alla verità”.
Poi si va avanti sul difficile: “vivere con professionalità significa comprendere il senso profondo del proprio lavoro. Ovvero non sottomettere il proprio lavoro alle logiche di parte. Le dittature vogliono sempre imporre nuove regole ai giornalisti oltre che impadronirsi di chi fa informazione”. Infine, rispettare la dignità umana perche “di chiacchiere come di terrorismo si può uccidere e la voce dei giornalisti è arma molto potente. La vita ingiustamente diffamata può essere distrutta per sempre”, sottolinea Papa Francesco per il quale le critiche sono necessarie ma vanno coniugate con il rispetto”. Insomma, “il giornalismo
non può diventare un'arma di distruzione delle persone e popoli o alimentare la paura di fronte a fenomeni come la migrazione di persone spinte dalla guerra o dalla fame. Non c'è conflitto che non possa essere risolto da persone di buona volontà”. Ecco. Questo è quello che, in tutta coscienza ha colpito me delle parole del Papa. Con la riflessione fatta a posteriori di quanto questo concetti basici siano poi traditi in varie sfumature e gravità. Non si tratta di religione, ma di etica. Che vale in teoria per tutti.
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