Ormai sono passati un po' di giorni dall'inizio del nuovo lavoro e posso dire che la notizia è di pubblico dominio. Del lavoro in sè non parlo, troppo poco tempo e riservatezza mi sconsigliano vivamente. Però una riflessione generale voglio farla. Trovo di aver avuto una grandissima fortuna. In un tempo in cui il lavoro non si trova e chi lo perde affronta i meandri dolorosi della disoccupazione con i corollari di finti amici, porte chiuse, sospiri a braccia allargate, io non solo non sono stata nemmeno un giorno a casa, ma ho trovato occupazioni importanti e stimolanti. Me ne sto nel mio nuovo ufficio alle prese con temi diversi, campi da studiare, argomenti da approfondire. E sono felice di trovarmi nella privilegiatissima posizione di fare una cosa nuova che mi appassiona e non impantanata in routine senza gratificazioni o addirittura vessatorie. E poi, qui ho ritrovato parecchio dello spirito con il quale lavoravo e si lavorava in generale alla Camera. Nei corridoi e negli ascensori sento discutere di casi e pratiche, le persone sono appassionate di quello che fanno, ci pensano e ci riflettono, si confrontano e anche quando si incontrano oltre le scrivanie colgono l'occasione per un aggiornamento o per chiarire un dubbio. C'è, insomma, precisione.
Anche in queste stanze ci saranno lati oscuri, scontentezza o veleni, come ovunque, figuriamoci. Non pensò di essere capitata in wonderland. Eppure non sono il primo pensiero, almeno in generale. C'è senso di appartenenza e orgoglio. E il lavoro prevale su pettegolezzi e maldicenze.
Dalla finestra vedo perfino le montagne, oltre la selva di antenne e parabole, che se almeno una parte degli edifici si decidessero alla centralizzata non sarebbe male per niente.
Considero un privilegio, dopo trent'anni sulla breccia, aspettare contenta la giornata da cominciare in ufficio. Che, no, non è più una redazione, ma un palazzo istituzionale. Nuova vita, nuove esperienze. Come dice un mio amico, another country, another dream.
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