Conosco Alberto Luca Recchi suppergiù da quando avevamo vent'anni, e dunque, parecchia acqua é passata sotto i ponti. Nel suo caso, poi, l'acqua è diventata elemento fondante della vita, nei mari e con i suoi abitanti ha fatto scorrere il tempo, esplorando e raccontando gli usi e i costumi degli abissi.
La nostra é una conoscenza 'carsica', un po' va, un po' viene, passano magari anni senza un cenno e poi un incontro riporta a galla il solito affetto. Devo notare che in poche righe ho già usato parecchie espressioni liquide, che evidentemente associo a lui.
Qualche sera fa, dunque, sono andata con molto piacere ad ascoltare una sua conferenza ai Canottieri Roma e devo dire che é stato assai interessante sentirlo raccontare il mare spaziando tra la biologia, la storia, la fotografia a incorniciare le decine di episodi di una vita da esploratore. Avrà preso dalle sirene? Ecco, per esempio, le sirene di Ulisse. Probabilmente erano megattere, una specie di balene (credo) che un tempo gironzolavano in un mediterraneo privo di natanti a motore riempiendolo del loro respiro, trasformato all'udito umano in un canto irresistibile. Alberto Luca mescola sirene e squali, racconta ricordi, successi ed errori, con allegra consapevolezza di un mondo speciale, alla maggioranza sconosciuto nella maggior parte delle sue pieghe.
Delle foto non dirò, Alberto Luca é parecchio famoso in questo campo. “Gli ultimi quaranta anni sono stati la seconda età dell'oro del mare. Dopo i grandi navigatori, da Colombo a Magellano, che hanno scoperto passaggi e continenti, gli ultimi decenni del '900 hanno rappresentato l'altro periodo rivoluzionario per il mare. Quando ho comunicato a immergermi non c'erano foto subacquee, solo disegni. E poi, la scoperta della meravigliosa vita che c'è laggiù. Sono felice di averlo vissuto. Anche perché, se continua così, se al mare non si dedicheranno cura e rispetto, a breve non ne resterà più nulla”.
E dunque, la svolta. Meno viaggi da pirata e più semina nelle nuove generazioni. Alberto Luca ha mostrato delle foto del mare “sotto” a Bali. Me lo ricordo anche io il mare dell'Indonesia negli anni Ottanta. Un tripudio di colori, un brulicare di meraviglie in una danza perenne colorata e luminosa. Le immagini della discarica che è diventata quel l'acqua, densa di pericolosissima -e ahimè indistruttibile- plastica fanno stringere il cuore. Il rischio è soffocare gli squali come le sirene, tramandando ai nostri figli un mondo povero. Di pesci e pure di sogni. E di trasformare la metafora "un mare di plastica" in orrenda realtà.
Va dunque creata una cultura del mare, non solo fonte di approvvigionamento per i nuovi patiti del sushi (che io amo, per carità) o fornitore di trofei per ricchi annoiati, ma preziosa, fragile risorsa. Invertire la rotta, allora. “Lasciamolo un po' stare, il mare, che lui in pochi anni riesce a riparare i danni e rifarsi bello”, dice Alberto Luca, vestito da crociato. E tuttavia, il guizzo del pirata gli scappa di mano quando si rammarica: “belle le oasi marine, bene i ranger che vigilano... Però, l'avventura in libertà era tutta un'altra cosa...”.
P.s. Le foto sono naturalmente di Alberto Luca, tranne questa qui sotto che è solo una buia testimonianza della serata.
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