El Jem è il Colosseo nel deserto. In Tunisia. Tappa di ogni vacanza on the road che si rispetti. Se vuoi andarci 'no alpi tour', però, nell'era post Ben Ali e senza alcuna connotazione politica, be' allora è un po' differente.
Estate 2011. Agosto. La Tunisia è una nazione del tutto differente da quella ricordavo due anni prima. La comunità italiana e italotunisina è spaventata. Scioccata dalla rivoluzione. Hanno sentito pallottole fischiare sulla loro testa, hanno fatto evacuare turisti e residenti, respirano aria cambiata. Ma io non lo sapevo. Così ho affittato una macchina pensando di girare in lungo e largo senza problemi. Sbagliato. Sbagliatissimo. La Tunisia dopo la rivoluzione è arcigna e sgarbata. Non ammette donne sole al volante. Perfino i benzinai sono condiscendenti e fare il pieno può diventare sgradevole.
Così l'auto si riposa il più possibile e noi usufruiamo al massimo dell'ospitalità di amici cortesi da decenni di stanza a Hammamet. Tranne il giorno in cui Flaminia ed io decidiamo di andare a visitare El Jem. Diamine, non si può perdere, il Colosseo numero due.
Le raccomandazioni prima di partire si sprecano. Perfino chi vive li da anni è preoccupato per la piega che hanno preso le cose. Così ci vestiamo da capo a piedi nonostante il caldo, intabarrate in maniche e pantaloni lunghi. “Non fermatevi mai, nemmeno se trovate pietre sulla strada, aggiratele, vorranno vendervi uva e altre cose, non fermatevi. Vi chiederanno passaggi, non fermatevi. Insomma, in sintesi, non fermatevi”. Chiaro. Concetto chiaro. Ma ti pare che ci fermiamo?
Partiamo e appena imboccata l'autostrada, sotto un cavalcavia, due militari in divisa e con bei fucili a vista ci fanno segno di accostare. Ecco. La scelta è tirare dritto rischiando la sventagliata o guai con la giustizia oppure affrontare il classico “patente e libretto” che più o meno è lo stesso in tutte le lingue.
Mi fermo. Resto al volante e aspetto il poliziotto. Niente potrà mai uguagliare il nostro stupore quando questi due, invece di chiedere i documenti, aprono gli sportelli posteriori e salgono in macchina. Flaminia ed io non potevamo crederci. Sta di fatto che i militari non erano in servizio, ma facevano l'autostop visto che la 'ditta' Tunisia non paga i trasferimenti dal posto di lavoro a casa.
Avere due uomini a bordo, con tanto di fucili, nel clima di quell'anno non ci piaceva per niente. Da una parte di veniva da ridere per quanto eravamo state sciocche. Dall'altra faceva abbastanza paura pensare a quello che poteva succedere. Loro due dietro, armati... Insomma, sono state due ore molto tese. Anche perché non parlavano alcuna lingua. E vederli scendere al casello come promesso è stato davvero un sollievo.
Lasciata l'autostrada ci siamo addentrate verso El Jem. Diciamo che le indicazioni erano scarsissime. E che la gente era assolutamente ostile. Il numero di uomini con la barba, rispetto a un paio di anni prima, moltiplicato. Nessuno rispondeva alle nostre richieste di indicazioni. Come fossimo trasparenti. Anche le donne ci trapassavano con lo sguardo. Invisibili. Un comportamento stupefacente quanto inquietante. Disapprovazione 'a prescindere'.
Come sia, dopo giri tortuosi, più con l'aiuto della fortuna, che del senso dell'orientamento, arriviamo al Colosseo arabo. Deserto nel deserto. Nessun turista. Qualche bancarella di chincaglieria intorno, almeno loro cordiali. Girelliamo dentro e fuori il monumentone. Bello è bello. E imponente. Vale il viaggio. Ma poi torniamo svelte svelte a Hammamet e non ci muoviamo più di li.
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