giovedì 19 febbraio 2015

Le due torri





La prima visita, intesa come sighseeing, a Pechino è stata alle torri. La Torre del Tamburo e la Torre della Campana si fronteggiano sulle curve di una piazza ovale nella Pechino vecchia. Sono quadrate e hanno tetti elaborati a pagoda. Come tutti i luoghi di valore ( ma anche parecchi apparentemente scialbi alla cronaca e alla storia) sono custodite da guardiani impenetrabili. O forse almeno parzialmente ibernati. Sulle torri si può salire. Sono state le prime 'scalate' di una vacanza molto spesso abbastanza ripida. 
La Torre del Tamburo cova in cima una grande stanza, rosso sangue di bue il colore predominante, come in quasi tutte queste vestigia. E una collezione di alcuni antichi modi cinesi di calcolare il tempo ante orologio. Mai visto prima, per esempio, il sistema di bruciare lunghi 'vermi' di incenso della durata standard. Uscendo sulla balconata la vista su Pechino moderna fa parecchio contrasto e rende l'idea della miscela millenaria. Qui fuori sono attaccati i tempi salienti dell'anno. Curiosamente c'era il 20 gennaio, tempo del mio compleanno, come giorno più freddo dell'anno cinese e l'8 luglio, compleanno di Flaminia, giorno ancora non troppo caldo ma abbastanza per godere del clima e della natura.
C'è da dire che ovunque nella città lo sky line di Pechino moderna incornicia le meraviglie antiche con un effetto sorprendentemente armonico.
Sul versante opposto la Torre della Campana vanta la sua leggenda. La campana, commissionata al miglior artigiano di Pechino, tale Hua Yan, niente, non veniva fuori. Il suono non cristallizzava, piuttosto gracchiava o imbolsiva al tocco. Come si conviene a ogni despota, figuriamoci imperatore della Cina, quello di turno non volle sentire ragioni e impose un tempo limite di 80 giorni, oltre il quale il malcapitato campanaro avrebbe fatto la solita fine che fanno quelli che non soddisfano i tiranni. “Tagliategli la testa, tagliategli la testa”, gridò per tutti loro la Regina di Alice in Wonderland. E cosí dixit l'imperatore. Inutile descrivere l'ansia del povero Han Yan. Che, come si deve, aveva una figlia HanXian, convinta che ci fosse qualche spirito avverso al progetto che faceva dispetti e malefici. 


Come sia, l'ultimo giorno ancora la campana non 'quagliava' e il tempo invece stringeva. Allora la giovane HanXian indicò al padre il cielo dove nuvole rosse navigavano tutt'altro che benigne e, mentre il mastro campanaro si distraeva con il cielo, lei si gettò nella fornace. Inutile cercare di salvarla dal metallo ribollente. Allora il P adre, per onorarla, ordinò "fondete la campana”, che questa volta emerse perfetta dal magma. Insomma, nessuna cultura rigetta miracoli e sacrifici... 

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