lunedì 30 maggio 2016

Il calzolaio del vicolo



Dietro a via della Torretta da tempi immemori c'è un calzolaio che fabbrica anche sandali alla caprese su misura. Non credo che faccia molti affari, in quel vicoletto defilato e con una porticina che la vedi solo se lo sai. Niente insegna, niente richiami, polvere sì, ce n'è.  


 E i modelli, a parte il classico caprese, lasciamo perdere... Sandali e altri reperti di mode d'epoca parecchio antichi vivono affastellati in un antro piccolissimo, arredato -si fa per dire- con scatole di scarpe, lacci, mozziconi e matite e arnesi del mestiere inizi secolo. L'altro secolo, ovviamente. Entrando li nulla fa pensare che si sia andati oltre gli anni '50. Lui pure è parecchio datato e soprattutto completamente sordo. Si chiama Giuseppe Messino, ho scoperto su internet. Dialogare con lui è impossibile. 


Resta impassibile al buongiorno lanciato su toni sempre più alti. Non risponde alle domande perché non le sente e bisogna solo sperare che venga a lui l'intuizione di chiedere. Anche se non sente la risposta, ma più o meno legge il labiale. Non si scusa del disagio, il buffo è che sembra non accorgersi proprio delle situazioni surreali che si creano. 


All'inizio, però, sembra antipaticissimo, scostante. Poi si capisce che è sordo e le domande cadono nel vuoto non per cattiveria. Il suo lavoro lo fa bene, considerate le limitazioni di interazione. Molto scrupoloso e accurato. Certi potrebbero anche dire che è lento. Scegliere il modello di sandalo è già una impresa così come il colore. Non perché ce ne siano così tanti, ma perché non sente le richieste e ripete le domande a iosa. Poi però lucida con cura ogni singolo laccetto, prende le misure per i buchi delle fibbie con attenzione maniacale. Non si fida se gli dici il tuo numero di scarpa. Prende quella che indossi e la misura con il centimetro. E poi, scrive. Per il prezzo ha un cartello di cartone una volta bianco, ora grigetto e  tutto pasticciato, con strati archeologici di pennarelli di vari colori e spessore. Lo inalbera come uno scudo: “Vede? Cinquanta euro. È scritto qui”. E con il tacco? “80 euro”. Ma se vede sfuggire l'affare propone lo sconto, anche contravvenendo ai principi del cartello. E sorride forte, quando vede le banconote. Perché, ovviamente, di bancomat o similari non se ne parla. Anche il biglietto da visita, per così dire, è scritto a mano. Inciso, direi, in pezzi di carta spessa e abbastanza logora. Tutto coordinato perfetto per gli anni '50. A me è piaciuto. Con Flaminia abbiamo riso alle lacrime della visita e abbiamo comprato due paia di sandali. Per deferenza. 


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