domenica 21 settembre 2014

Paros, il bianco&blu per legge

   




Paros è bella sapendo di esserlo. Dunque non si incomoda troppo per piacere. Piuttosto, dà per scontata l'ammirazione e talvolta se ne approfitta. 
Bianca e blu, pulita, mare da sogni, niente scempi architettonici. Una ricetta vincente insaporita con i mulini a vento che sbucano nello skyline (il più bello è quello dove si prende l'aperitivo sul tramonto) e da manciate di faraglioni buttati lì un po' alla rinfusa. Tutto bellissimo, e settembre è magico, spolvera tutto di fine stagione. L'isola é stanca di turisti, affari, guadagni all'ultimo centesimo. Così ora illanguidisce: sconta, offre, sciupa tempo in chiacchiere. Insomma, si rimette lentamente i vestiti greci. 

    
   
Alcuni hanno già cominciato i lavori per ridipingere l'isola di bianco e blu. Il marchio di fascino è tutelato dalla legge, che dal 1974 vieta edifici di altri colori. Una disposizione che ha una ragione storica e una climatica. 

    
La prima risale alla occupazione ottomana lunga 400 anni: le case bianche e blu segnavano silenziosamente la ribellione all'invasore e l'amore di patria. Non per caso poi il bianco e il blu sono diventati i colori della bandiera greca e rappresentano la libertà. 

   
Il blu è il colore del mare, e il blu è anche un colore fortunato, che allontana il male, dicono qui. E il bianco simboleggia la libertà. Quindi, orgoglio di patria. 
Ma bianco e blu anche come pratico antidoto al caldo eccessivo dell'estate. Le case in Grecia sono ricoperte da uno strato di intonaco, realizzato in pietra di carbonato di calcio o calce. Ora, il carbonato di calcio, leggo, è molto luminoso, così luminoso che sotto il sole greco in estate piena la luce abbacina e batte in testa. Così la gente aggiunge un po' di colore blu alla calce bianca per spezzare la luminosità. Blu come il mare, allora. E per evitare 'sbalzi creativi', questi colori sono stati codificati per legge. Con grande giovamento per l'armonia generale. 

   
Abbiamo scorrazzato per Paros con un motorino. Abbiamo cominciato bene:  il benzinaio ha riempito Flaminia  di complimenti e nel frattempo ci ha riempito il serbatoio con metà della benzina pagata. Pochi chilometri e ho visto la lancetta sconsolatamente giù. Inutile tornare a protestare, no? Dunque, ci siamo avventurate con ben chiara la posizione di un'altra stazione. Una occasione per visitare la Grecia interna e rurale, fatta di sterrati sassosi e ruvidi, contornati da orticelli e muretti a secco, con pendenze inaspettate e perentorie in su o in giù, apparentemente senza criterio. Motorini di carattere modificato e pieni di esperienza superano tuttavia ogni sorpresa e capriccio naturale e umano. Ci siamo molto divertite a perderci tra questi tratturi (non saprei come altro definirli), il mare come riferimento per evitare che il pericoloso senso dell'orientamento prendesse iniziative spericolate. Alla stazione di servizio successiva ho ubriacato lo scooter che, sopraffatto, il giorno dopo ha pensato di lasciar morire la batteria. Per fortuna su una spiaggia abbastanza a portata dì mano. Così l'omino ci è venuto a recuperare e ci ha dato un sostituto più nuovo e potente. Non tutti i mali vengono per nuocere... 
Discorso a parte, i ristoranti. Il lungomare, come in ogni dove, è disseminato di tavolini quasi con i piedi nell'acqua. Posti in serie, senza fascino nè personalità. Cambia il nome, resta la sostanza senza infamia e senza lode, con quel pizzico di infamia che non fa desiderare il bis. E poi abbiamo scoperto tre posticini diversi. Ora, stavo scrivendo doc, ma forse è troppo. Uno gestito da una coppia, greco lui, olandese fiamminga lei. Youradico, si chiama il posto. Che sarebbe lo spiedo dove girano le varie carni da tagliare con lo speciale frullino per fare i kebab. Qui troviamo il mix di cordialità, buon cibo e prezzi bassi cui tutti aspirano. E infatti ci facciamo adottare. L'altro il ristorante considerato migliore dell'isola Boudaraki (presenta la Lonely planet). Alla prova risulta ottimo ed economico. E infine il Port café, dove abbiamo fatto tappa ogni mattina per un caffè prima di correre e per la colazione dopo la 'performance'. Dopo un paio di giorni eravamo migliori amici, la signora ci portava i ciambelloni fatti in casa e ha chiesto l'amicizia su Fb. 
Le passeggiate tra i vicoli stretti di Parikia e Naoussa sono, ahimè, un logorio per il portafogli. Buganville e scorci pittoreschi, infatti, nascondono  insidie e tentazioni, fatte soprattutto di piccoli (o grandi) gioielli, argento o oro rosa, chiamano insistenti e se ascolti il loro canto senza legarti all'albero maestro sei perduto. Omero sapeva già, non era mica  il primo venuto... 
Dopo una settimana lasciamo Paros contente della visita.Tutti ci hanno augurato 'buon inverno'.  Salendo sul traghetto, il tempo ci ha offerto il primo brividino di freddo. 

   

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