Il primo passo per la partenza per la China è ottenere il visto. Passaggio di per sè non complessissimo, ma nel nostro caso ha avuto momenti alla Verdoni. Sì, perché è tutto accaduto molto in fretta e in modo rocambolesco. La sorpresa del biglietto, del tutto inaspettato, la decisione di andare con Flaminia e non da sola. E l'urgenza di prendere il visto prima che lei tornasse in Inghilterra. Naturalmente non ce l'abbiamo fatta, ma ci abbiamo provato, presentandoci all'ufficio cinese con una serie di documenti rabberciati, in parte stampati in parte in email, un po' separati, un po' insieme. Patetiche ma anche allegre.
Insomma, questi tre impiegati, due italiani e una cinese, all'inizio erano decisamente spazientiti, poi si sono un po' ingentiliti, forse per pietà.
La trafila per il visto segue la sua routine e non fa una piega. In più in questa stagione non c'è molta gente. Si prende un numero e si aspetta di essere chiamati. In teoria si dovrebbe arrivare con il modulo stampato a casa e compilato. Noi no. Quindi, primo numero per avere il pezzo di carta per la richiesta. Poi compilare e riprendere il numero. Mancavano delle parti. Ottenere la mail. Spedire. Accorgersi dopo un po' che il 3G girava a vuoto. Uscire in strada. Rispedire. Riprendere il numero e rispondere alla fine a tuttissime le domande, anche quelle nascoste e piccolissime. Insomma, abbiamo preso il numero almeno quattro volte. Meno male che non c'era fila. Ci siamo sedute di fronte a tutti gli impiegati, ogni volta abbiamo ri-raccontato la storia, come se da postazione a postazione non avessero occhi o orecchie.
In ogni caso, come nello sketch di Verdone ogni volta mancava qualcosa. In più, ho dovuto giurare sulla mia testa e tutto maiuscolo che non avrei scritto per lavoro, firmato e controfirmato. Ma il blog vale? Diciamo di no... Ma tanto, a quanto pare, tutti i social sono oscurati in Cina, dunque, inutile preoccuparsi...
Alla fine, comunque, happy end. Tutto sembra a posto. “Signora, le telefono io se c'è qualcosa che non va”, assicura cortese l'impiegato. Ma per fortuna il telefono tace. E quattro giorni dopo vado a ritirare i passaporti con il sospirato visto. Ovvio che dimentico a casa la preziosa ricevuta. Era così preziosa che l'avevo conservata in un luogo inaccessibile. Bene, è ancora li. Ma alla fine supero in scioltezza questo ultimo ostacolo che mi avrebbe portato a ritirare il mio documento e tornare con la cartuscella per quello di Flaminia. Invece, miracolo, la ricevuta è unica e i due passaporti quindi vivono e viaggiano insieme. In sostituzione della benedetta ricevuta, devo soltanto dare un documento valido (non il tesserino dell'Ordine), la tessera sanitaria, 85 euro a persona (visto non express, per quello ultra rapido il prezzo raddoppia).
Eccolo ce l'ho. L'avventura può cominciare.
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