mercoledì 9 dicembre 2015

Affreschi, mosaici e altre romanità



A Palazzo Massimo sono custodite prove concrete che costruire la metropolitana a Roma è impossibile. L'ex collegio che domina le terme di Diocleziano ospita parecchie affascinanti vestigia delle, diciamo così, seconde case della Roma patrizia un po' prima e un po' dopo Cristo. A ogni didascalia appare evidente che quei poveretti di ingegneri impegnati a collegare la città in modalità veloce e sotterranea sono stati sottoposti alle peggiori torture dagli antichi romani di certo seccati di tanto disturbo. 

 

Questa qui sotto, per esempio, è la villa di Livia a Prima Porta. Insomma, scavare con la ruspa sarebbe stato un po' estremo, no? Anche a Termini ci sono stati problemi con la stazione. Ville zeppe di statue e preziosità artistiche  hanno sbarrato la strada ai treni per parecchio. 




Tra i ricchi antichi la villa per prendere l'aria buona e godere delle piacevolezze bucoliche era una necessità assoluta, mi pare. Almeno a giudicare dalla quantità di domus raggruppate a palazzo Massimo, che, direi, non le contiene comunque tutte e tutte intere. 
Questo qui sotto è un colombario, stanza riservata ai loculi dei defunti. Atmosfera luminosa, niente di nero. Piuttosto, scene di campagna, animali esotici e non, piccole vignette anche divertenti, citazioni egizie. Insomma, un posto dove riposare in pace e senza farne una tragedia...

 
Tutte le stanze ricostruite sono stupefacenti nel loro sfarzo e nella raffinatezza di gusti. Certo, che i romani si trattassero bene non è una sorpresa. Ma passeggiare nelle loro quotidianita fa comunque effetto. Pareti rosse e affrescate, con predilezione per il tromp l'oeil, pavimenti a mosaico minuzioso quanto sterminato. Ai giorni nostri diremmo che mancavano di sobrietà. Ma quelli sobri, in linea generale, erano i greci. E comunque, anche tra i romani c'era chi amava lo stile essenziale, come suggerisce questo piccolo affresco che pare copiato ai cinesi o al primo Novecento. 


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