venerdì 3 aprile 2015

Il mondo di ieri - Zia Pina

    Zia Pina con mia mamma sposa 

Quando ero piccola zia Pina non mi piaceva. La trovavo appiccicosa e nello stesso tempo autoritaria. Appena all'età della ragione, avevo idee chiarissime su chi potesse darmi ordini o, eventualmente, 'educarmi'. Lei non era tra questi. E il fatto che non se ne capacitasse mi spazientiva profondamente. Una signora grassa che si agitava in giro senza alcun ruolo apparente, mettendo bocca su tutto e interferendo con la mia vita, già battagliera di suo. Zia Pina, d'altra parte aveva il suo posto in famiglia, era la cugina piccola di mia nonna e delle ziette. Aveva avuto una giovinezza spettacolare, sposata com'era con il segretario generale della Camera, Ubaldo Cosentino, padre del leggendario Francesco Cosentino, anche lui segretario generale di Montecitorio di qualche fama tra gli addetti ai lavori. In questa veste, aveva abitato alla Camera e ne aveva assorbito con naturalezza tutti i fasti. Molto più giovane del marito, era rimasta vedova troppo presto. Decisa a non ripetere l'esperienza matrimoniale, stava con la mamma, zia Giulia, in una casa a via Dalmazia, poco lontano da noi. Posizione che la autorizzava a vivere la nostra vita, cercando spesso di modificarla secondo i suoi canoni. Fumava a più non posso, con lunghi bocchini neri che più che femme fatale la avvicinavano a Crudelia De Mon. Come lei avvolta in pellicce mirabolanti e voce imperiosa. 


Zia Giulia me la ricordo arcigna. Inamovibile da una certa poltrona del salotto, accanto a un tavolo da gioco di panno verde, e di fronte a una porta finestra, passaggio verso un giardino strano, foglie verdi più che aiuole. Dava l'idea di avere un certo ordine, ma a meglio osservare, ordine non ce n'era proprio. Mah, tutti occhi di bambina. E con quegli occhi e -diciamolo- con quel mio carattere spinoso, ricordo un viaggio in Spagna con zia Pina e i miei nonni. Il 'premio' per i miei 10 anni. Assai ridimensionato proprio dall'eterna parlantina assertiva di zia Pina. Episodio memorabile, l'acquisto di un paio di scarpe per me. Finì che comprammo un paio di scarpe per lei, ma della mia misura e che dovevo indossare io. Ma, lo giuro, vendetti cara la mia pelle di decenne... 
Venendo a tempi più recenti, zia Pina, senza parere, si era trasformata in zia Giulia, eternamente seduta su quella poltrona a quel tavolo verde, fumando. Il suo carattere imperioso si era diluito lasciando fiorire un gran senso dell'umorismo e una bella autoironia.  Insomma, man mano privata, invece si incattivire si era di molto addolcita. E anche io, più o meno. Così pian piano ci siamo sintonizzate e non sono state poche le volte che la andavo a trovare con Flaminia piccola. Zia Pina era una fan di mia figlia. Che si sedeva accanto a lei. Chiacchieravano disinvolte. Talvolta Flaminia aveva il permesso si aprire vetrinette e cassetti ed estrarre tesori. O meglio, reperti anche di valore: dai guanti lunghi da sera alle borsette di coccodrillo, alla bomboniera del matrimonio di mia madre e via andando in un miscuglio illogico e misterioso, ma di grande attrattiva per ogni fascia d'età. In cambio, Flaminia doveva ingurgitare almeno due Grisbì alla vaniglia, tipo di biscotto che lei proprio non poteva sopportare, ma che, chissà per quale ragione, zia Pina era convinta lei adorasse. Così, la scena era sempre la stessa: scatola di biscotti sfoderata, scambio di occhiate tra me e lei, lei assennata e saggia fin da piccola, si sdilinquisce in ringraziamenti e ingolla 'l'amaro boccone' (troppo dolce, in quel caso, per la precisione). E quando se ne va, custodisce il resto della scatola fino al primo posto per sbarazzarsene. Mai aveva avuto il cuore di disilludere zia Pina. 
Siamo andate avanti così per anni. 
Ricordo l'ultima visita, era luglio. 
Anche oggi la penso spesso transitando per la mia stanza da pranzo, che era sua. 



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