mercoledì 8 luglio 2015

Pavoneggiarsi

P

Un tempo era lo zoo e quando ci si andava si faceva ineluttabilmente la foto con il leoncino. O il tigrotto. Molto scorretto politicamente ma allora chi sapeva degli anatemi della natura? Eravamo pecore nere e non lo sapevamo... Oggi è Bioparco. Cambiati lo stile di vita e la filosofia, l'atmosfera è rimasta un po' ferma sulle gambe. Giorno di settimana, afa rovente. Roma si ritrae e guarda altrove. I viali si snodano solitari tra mille profumi di piante colorate. I caffè sono per lo più chiusi. Gli animali pensierosi. Le vecchie gabbie sono in soffitta, adesso tigri, lupi e altri esotismi si muovono liberi in un verde ampio e relativamente appropriato.


 Manciate di pavoni fanno onore a loro stessi ruotando in giro a più non posso. Restano le antiche strutture primi '900 per elefanti e giraffe, grandi spazi e architettura del ricovero ancora fascinosa. Sarà che me li ricordo fin da piccola. Anche la Grande voliera si libra Liberty per sgranchire pellicani, fenicotteri, gru, cigni e altri pennuti non identificati (da me). 


La misura bambino è ben tenuta. Quel filo didascalica, ma irresistibile la ruvidezza della lingua di tigre in plastica rosa e allarmante la processione di credulità popolari sulle proprietà magiche di questa o quella parte anatomica delle grandi (ex?) star di foreste e savane. Stregoni e sciamani come alibi di sterminio. Ma anche una riflessione sull'origine delle leggende metropolitane. 



 C'è Richard il varano di Komodo che proclama, tramite cartellino di avere  quattro anni, essendo nato precisamente il 5 agosto 2011 e di pesare 20 kg all'incirca per meno di due metri testa-coda. Ma, non si sa se per vanagloria o consapevolezza, annuncia misure da peso massimo, 4 metri e 80 kg in pochi anni.  Antropomorfi i nomi degli orsi. Non me li ricordo, ma sono tipo Pino, Lino, Dino. Insomma, non sono questi ma simili. Visto lo sforzo di fantasia potevano chiamarli pure Qui, Quo, Qua. Almeno cartoni e non travet. Molto poco dignitoso per orsi stellati. Poco oltre la famiglia di dromedari. Masticano attoniti, come se quell'erba fosse, diciamo, magica. Forse per questo non hanno nomi. Fanno gruppo e tant'è. 




Illuminanti gli ippopotami pigmei. Dalle pozze giallo sulfureo emerge solo un dorso bruno lucente. Ma come respirano, senza boccaglio? Anche i koati si fanno le loro vasche in acque non proprio cristalline. Loro li avevo visti razzolare in libertà tra i bidoni della spazzatura in Costa Rica. Erano però white nose koati. La varietà a strisce bianche e nere. Questi invece sono marroni, con il muso squadrato e le movenze del castoro. 


Dopo annissimi, sono tornata qui con Flaminia. Invogliata anche dalla dinamica foto delle tigri siberiane sparpagliata per la città. Uno specchietto per allodole, tanto per rimanere in tema. Però gironzolare tra tanti animali, anche se stanchi e annoiati, mi è piaciuto. Sedere sulle panchine all'ombra, chiacchierare  e far i un po' di fatti loro, senza disturbare, anche. 


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