sabato 13 febbraio 2016

Consumi e risparmi



Qualche giorno fa, Dario Di Vico scriveva sul Corriere sul tema consumi e risparmi. In sintesi, osservava come gli italiani preferissero conservare i soldi piuttosto che investirli e/o spenderli. Questo nonostante i bonus a pioggia elargiti dal governo proprio per incoraggiare a 'riempire i ristoranti'. E nemmeno la politica dell'aiuto al mattone sembra aver dato gradi frutti. 
Riportando questa riflessione al mio piccolo, non ho potuto che dargli ragione. 
Il problema non è (solo) la mancanza di denaro, ma la mancanza della voglia di spenderlo. La situazione creata dai terremoti Fornero -nella doppietta lavoro-pensioni- Jobs act, andamento altalenante delle tasse (oggi via quella sulla casa, domani riproposta con tutta probabilità con altro nome), servizi sanitari spolpati al ribasso e così via, non incentivano il cittadino a lasciarsi andare. Fondamentalmente pesa su giorni, mesi, anni l'incertezza. Quella sì, stabile. L'ondata di rosso scarlatto dei mercati, Milano prima in negativo, e la risalita dello spread -siano una turbolenza momentanea o il segno che i giorni bui sono tutt'altro che finiti- confermano. 
Io sono certamente una privilegiata. 
Ho da poco rafforzato abbastanza il mio conto -essere mandati via da una azienda sana dopo quasi 25 anni ha anche rivolti positivi- ma oltre a fare a botte con la sterlina per pagare l'università di mia figlia, non ho messo in cantiere nessun progetto che mi impegnasse economicamente. 
Ho anche un nuovo lavoro, non indeterminato. Non abbastanza da indurmi a compiere passi finanziari non strettamente indispensabili. L'idea di dover vivere d'ora in poi di contratti a breve o medio termine invoglia a blindare il futuro in banca. Manca insomma la fiducia.
Quello che prima Monti ha cominciato e Renzi in perfetta continuità proseguito (e speriamo abbia finito) è una impalcatura che mira sostanzialmente a dare ai giovani più certezze. Giustissimo, ci mancherebbe. Peccato che l'obiettivo viene perseguito con un forsennato taglio dei diritti degli over 50. A cominciare dagli esodati, per esempio. Dare comunque pochi soldi e pochi diritti e precari ai giovani ha comportato togliere certezze e futuro ai loro genitori, che formavano lo zoccolo duro dei contribuenti e mantenevano la famiglia, più o meno allargata. Eliminando dal mercato del lavoro gli adulti tutelati, o regalando loro la stessa incertezza dei loro figli, lo stato si priva di una bella fonte di reddito. Io, per esempio, che ho regolarmente pagato molte tasse, adesso da disoccupata o con contratti a breve scadenza, ne pagherò certamente molte meno. Manterrò mia figlia all'Università a Londra, ma la sconsiglierò (casomai ne avesse l'intenzione) di tornare. I figli eccellenti, quelli per la cui formazione si è investito assai, si guardano bene da immaginare un futuro in Italia. Anche perché gli scenari non sono di certo meritocratici, nè per giovani, nè per adulti di esperienza. E io stessa, che ho accumulato nel mio campo un cv da senior, forse ancora valido, sono poco sedotta da esperienze mordi e fuggi e penso piuttosto a lasciare il Paese. Portando altrove il mio capitale umano ed economico. Non penso di essere mosca bianca.
Renzi ha scardinato un sistema di pesi e contrappesi certamente farraginoso e improduttivo, ma che stava in un certo, anche negativo, equilibrio. Ora quell'equilibrio non c'è più, ma non è stato sostituito da un diverso sistema armonico. Questi sono gli effetti di politiche non sorrette da idee o ideologie. Sono interventi spot alla base dei quali non c'è un modello di società. E non mi pare un problema da poco. 

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