martedì 2 febbraio 2016

Femminicidi e unioni civili



Le unioni civili sono in cima alla lista delle priorità della politica italiana. Le piazze si scaldano di arcobaleni contrapposti a passeggini. Guelfi e ghibellini intrecciano la solita danza di spada e di fioretto. Nel frattempo parecchie donne, solo tre negli ultimi giorni, vengono uccise da uomini violenti. Non sconosciuti, ma 'familiari': ex, quasi ex, non-ex, correlati anche in altro modo. Come il caso della dottoressa calabrese uccisa dal cognato. Che, chissà, pensava di conquistare la moglie uccidendole la sorella. Indubbiamente un corteggiamento efficace e un passaporto per una serena vita futura insieme. 
Penso che il quadretto del Senato che si accapiglia sulla stepchild adoption e sull'ipotesi utero in affitto come se la legge italiana potesse essere baluardo mondiale strida fortemente con la realtà. Vietare nuclei di amore (non chiamiamoli famiglie, per carità, che è pure anticostituzionale) e non proteggere dalle violenze è una lacuna -morale direi- della società. Come è possibile che ci si preoccupi di esagitare le piazze sulle unioni civili quando le donne muoiono per mano degli uomini a loro vicini.
Un tempo si diceva che le donne dovevano denunciare i loro aguzzini, che erano loro le prime colpevoli, conniventi malandate, se non portavano alla luce gli orrori di casa. Ora le donne vanno in questura e all'ospedale, chiedono protezione e continuano a morire. Perché non esiste legge, disposizione, protocollo in grado di fare loro da scudo.
Nel 2014 i femminicidi sono stati 152 secondo il terzo rapporto Eures su dati 2014, 117 in ambito familiare. Gli uomini hanno ucciso nel 94% dei casi, quasi allo stesso modo dei familiari (77%).
Ma, dati a parte, quello che salta agli occhi è il problema culturale. Gli uomini devono essere educati, imparare dall'infanzia rispetto e parità, dominare la violenza, fisica e psicologica, modificare l'approccio con le donne. Ma lo stesso sforzo culturale non dovrebbe essere chiesto in primis al legislatore? Non sarebbe logico e corretto che il Parlamento e il governo si prendessero carico di questa orribile piaga sociale? Non sarebbe più importante, o almeno altrettanto importante, vietare alle persone che non si vogliono più bene di farsi del male piuttosto che vietare a chi si ama di amarsi e avere i diritti civili conseguenti? 


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