lunedì 7 luglio 2014

Il fascino segreto di Dambulla



Dambulla se ne sta poco discosta dalle antiche città sacre. Rispetto a loro, alle gigantesse Polonaruwa, Anuradhapura e Sigiriya, non fa clamore. Dopo aver tanto girovagato per rovine assolate, un'altra scarpinata non alletta molti. Anche noi siamo andate non troppo convinte. Ma era solo una piccola deviazione. E siamo state premiate. Alla base del percorso tra rocce, scale, scimmie e venditrici di fiori votivi, c'è un terrificante tempio moderno tutto d'oro. Bello anche lui, se piace il genere indiano al cento per cento. 

E poi si sale. Settecentocinquanta gradini, per la precisione. Inciampi nelle scimmie più che nei pochi venditori di souvenir, nemmeno troppo convinti di quello che fanno, o nei turisti che si contavano sulle dita della mano. Invece, in cima si arriva in una specie di monastero imbiancato. Dall'esterno potrebbe essere cattolico, potrebbe essere in Spagna o in Tunisia. Ma le cinque grotte che si affacciano sul cortile parlano un linguaggio magico. Di storia, di religione, di pace. Una più grande, delle dimensioni di un salone da ballo considerevole, le altre a varia misura. La luce fioca rischiara decine e decine di statue in fila, accostate alle pareti, per lo più in posizione di meditazione, vestite con colori ancora vibranti.

    

 Laddove la grandezza lo permette, enormi Buddha riposano sdraiati, nel sonno più lungo. Davanti a lui, i fedeli depongono a file fiori di loto e varietà simili. Bianchi, viola e rosa, grandissimi. E gelsomini che, sebbene siano fiori di piccola taglia, in quanto a profumo, non sono secondi a nessuno. Ecco, direi che questo è l'odore che più si associa a Sri Lanka, mischiato all'incenso. Una miscela vaga che aleggia intorno ai templi, ma non prende alla testa o alla gola all'interno. 
Entrare in quelle stanze toglie un po' il fiato e regala, oltre a meraviglia, serenità e fiducia. Non saprei dire come o perché. Lo fa. Persino a una 'piedi per terra' come me. Non c'è sfarzo, ma una consapevolezza tranquilla. Queste grotte non cercano di convincere, se ne stanno lí appartate a mostrare la loro filosofia di vita. Non gridano. Sussurrano. Sorridono. 



Tutta un'altra cosa rispetto al grandioso tempio del dente di Buddha a Kandy, dove si affastellano in migliaia. Qui tutto risuona oro, rimbomba richiami, adescamenti direi, se non sembrasse blasfemo. Ci sono le misure di sicurezza, le 'guardie', i percorsi che turisti, fedeli e pellegrini devono seguire, le file e le resse di fronte ai maggiori punti di interesse. Un po' come a San Pietro o al Louvre per vedere la Gioconda. 


La storia del tempio, comunque, forse vale la pena di riassumerla. Quando Buddha morì, il suo corpo fu cremato, in India. Un suo dente (canino sinistro, nel dettaglio) fu recuperato, divenne simbolo del potere reale e, inevitabilmente, scatenò intorno a sè guerre e altre efferatezze.  Nel IV secolo, nel timore che cadesse in mani sbagliate, il re dell'epoca (nome impossibile non solo da pronunciare, ma anche da scrivere) lo affidó alla principessa sua figlia che, con il marito, lo porto' fortunosamente a Sri Lanka, nascondendolo per tutto il viaggio nell'acconciatura dei capelli.
Oggi il dente è custodito in questo tempio sulle rive del lago di Kandy, in uno scrigno di pietre preziose e nessuno può vederlo. Solo venerarlo. All'ora della preghiera, all'imbrunire, la folla è spaventosa e per fascino e riflessioni non resta nemmeno un posticino. 

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