giovedì 10 luglio 2014

Per qualche rupia in più



I cingalesi non sono un popolo di venditori, diciamo la verità. Preferiscono le mance. Sono uno stile di vita, autentica ossessione. La base di tutto, una voce del pil. Non c'è gesto della vita quotidiana che non sia teso a raggranellare qualche cento rupie a sbafo. Non è un caso, secondo me, che nemmeno i più importanti siti di interesse culturale e dunque turistico non siano circondati da quel corollario di commercianti, dal negozio super chic al venditore ambulante. Pochi, sparuti si fanno avanti con qualche merce da offrire. Il che avevo considerato un pregio all'inizio. Ma il rovescio della medaglia é l'assedio per qualche rupia in più. Non vendono, chiedono. 
Ci sono le donne della fattoria del tè, per esempio, che lavorano alle loro foglie. Le visite sono all'ordine del giorno. Previste dalla 'ditta'. Ma se scatti una foto, subito la mano tesa, anche se l'inquadratura non è di primo piano, ma un totale dell'ambiente. C'è il vecchietto che alimenta il fuoco. Ti propone di gettare tu stessa un tronco nella fornace e...zac ... scatta la richiesta del quattrino. 

    
   
Per non parlare degli stick fisher, pescatori sul lato sud dell'isola, che hanno ideato questo singolare modo di prendere i pesci: piantano un palo a poche decine di metri dalla spiaggia e ci si appollaiano con la loro (basica) canna da pesca. Bizzarro assai e bello da vedere. Ma la macchina non si può fermare che viene assalita da uomini pronti a qualunque cosa pur di spillare moneta. Insomma, ormai acchiappano più all'amo turisti in transito che pesci. E l'industria ha cambiato cromosoma. Non mi pare in meglio. 
Va da sè che ogni guida che ti accompagna, volente o nolente, in qualsiasi giro per il quale tu hai già pagato il biglietto, vuole una gratificazione tangibile della sua specifica grande avidità... Ops, volevo dire abilità... Ehm .. 

    

Tra gli episodi che mi hanno più lasciato di stucco, un tizio logoro sul forte di Galle pronto a gettarsi in acqua da una altezza considerevole e tra gli scogli sbattuti da mare e vento per poche rupie. Una ragazza, molto bella in verità e decisamente soggetto da foto, all'uscita del museo del tè. Luogo completamente deserto. Lei portava una fascina di legna in testa e un secchio in una mano. Immagine affascinante, bella foto potenziale. Ma lei si è fermata in posa plastica, costruita. E guardava con insistenza a chiedere il clik da mancia. Niente di vero. Senza parlar di quelli a cui chiedi una indicazione per strada, ti accompagnano  non richiesti per dieci metri e poi pretendono soldi. Manca poco che ti si appendano al braccio per chiedere se vuoi sapere l'ora e poi vogliano essere ringraziati a suon di rupie... 
Uno stillicidio, insomma, che non ti lascia mai completamente a tuo agio e fa penetrare l'idea che sei comunque 'messo in mezzo'. Non c'è alcuna curiosità nei confronti delle persone. Difficile che chiedano da dove vieni, come si fa in tutti i paesi del mondo. Qui pensano solo alla mancia. 
Magari è un metodo esportabile... Magari anche io potrò chiedere una mancia ogni volta che leggo un pezzo o mando un flash. Magari anche Flaminia potrà chiedere mancia ogni studente che fa entrare al bar del college o ogni bicchiere che porge. Forse il vigile urbano chiederà un euro per indicare il Colosseo e il postino un extra per mettere le lettere in buca... 
Al momento di postare queste riflessioni, mi sono accorta di non avere molte foto da aggiungere a conferma di quello che ho scritto. Mi viene da ridere. Chissà quanto avrò risparmiato? 

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