Sabato mattina, stazione Termini. Diciamo che è il regno del lavoro sommerso... Tralasciando che il taxi che mi porta in una Roma deserta fa la strada più zeppa di semafori (rossi, per lo più) possibile, a via Marsala si coagula l'ingorgo più fitto di sempre. “Lo so io perché”, mi fa il sagace tassista. E svela: “qui c'è un abusivo che fa parcheggiare tutti a spina, così la larghezza della strada si dimezza. Più tutti quelli che fanno scendere... Ecco l'intoppo...”. Sorvolo sul fatto che anche lui si ferma in mezzo alla strada per lasciarmi.
L'atrio brulica, come si conviene in un sabato mattina di un (sedicente) luglio. Al lavoro molti 'volontari'. Le macchine automatiche per i biglietti sono piantonate da zelanti abusivi che, come i boy scout con le vecchiette, insistono minacciosamente per fare il biglietto al posto dei viaggiatori. Me ne scollo uno di dosso con relativa facilità. Appena sentono l'accento romano si 'disamorano', per fortuna.
Secondo ostacolo da dribblare, i dispensatori generici di aiuto non richiesto. Donne per lo più, direi che l'appalto del servizio è all'etnia Rom. Fermano persone più anziane o donne sole, turisti stranieri, e, in italiano e inglese, chiedono se possono aiutarli. A fare cosa, non è dato sapere. Non mi sono soffermata abbastanza, non essendo particolarmente bisognosa, ma al contrario fissandoli con 'occhi di bragia'.
Non basta. Sul predellino del treno, sta appollaiato un giovanotto, che insiste per guidare le persone a loro posto. Singolare 'facilitatore' se si pensa che il treno non ha posti assegnati... L'ho sentito personalmente mandare, diciamo, al diavolo in modo plateale e sonorissimo chi ha rifiutato i suoi servigi...
Partire, un sollievo nel vagone stipato e senza aria condizionata.
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